Quella mattina del 28 maggio 1974 doveva essere una giornata primaverile ordinaria come tante per Brescia e i bresciani. Certo, soltanto un po’ particolare: c’era una manifestazione “libera” per condannare il terrorismo nero, organizzata dai sindacati e dal “Comitato Antifascista” nella centralissima Piazza della Loggia.
Una mattinata, inoltre, in cui dovevano essere ribaditi i valori antifascisti stabiliti da una Carta costituzionale che non aveva neanche compiuto 30 anni.
Nessuno, quindi, poteva pensare che lì, proprio lì, in uno dei punti più belli della cosiddetta “Leonessa d’Italia”, si sarebbe scatenato l’inferno. E una delle stragi più terribili della storia repubblicana italiana, assolutamente da non analizzare senza il contesto nella quale si consuma.
Il fatto è notorio, purtroppo. Sono da poche passate le 10 e, nel bel mezzo del discorso del sindacalista Cisl Franco Castrezzati, una tremenda esplosione coglie tutti di sorpresa. È un ordigno. Che è stato nascosto in un cestino dei rifiuti, e che provoca la morte di otto persone e il ferimento di altre 102.
Per Bartolomeo Talenti, Luigi Pinto, Vittorio Zambarda, Clementina Calzari Trebeschi, Euplo Natali, Alberto Trebeschi, Giulietta Banzi Bazoli e Livia Bottardi Milani non c’è nulla da fare.
Diventano, anzi, gli otto martiri del secondo atto terroristico in ordine cronologico dell’Italia degli anni ’70. I cosiddetti anni di piombo. Una vera e propria guerra civile, secondo alcuni giornalisti e studiosi. Che impedisce al Belpaese di spiccare definitivamente il volo – se mai davvero potesse farlo – nell’Europa continentale e mediterranea. D’altronde accade sempre così. Quando l’Italia sembra essere pronta per diventare una (media) potenza, interviene qualcosa a impedirlo. E non è un caso.
Anni di piombo, allora. Inaugurati da un’altra bomba, quella messa nella Banca nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano.
Il 12 dicembre 1969. Quindi c’è l’Italicus, nell’agosto 1974. Poliziotti ammazzati, giornalisti trucidati e/o gambizzati, il rapimento e la morte di Aldo Moro e la scorta, la strage di Bologna nel 1980.
E, nel mezzo, appunto, piazza della Loggia a Brescia. Che ha conosciuto la parola fine soltanto nel giugno 2017. Badate bene, e fate i calcoli: 43 anni dopo. E dopo tre indagini, e il sospetto del coinvolgimento dei Servizi segreti nostrani.
La prima indagine porta alla condanna in primo grado per alcuni esponenti della estrema destra bresciana. Tra questi c’è un personaggio bizzarro, tale Ermanno Buzzi, che viene assassinato nel 1981 nel carcere di Novara mentre è in attesa del giudizio d’appello.
La seconda indagine, invece, coinvolge alcuni esponenti di Ordine Nuovo, già imputati per Piazza Fontana, ma nel 2012 sono tutti assolti per insufficienza di prove.
Nel 2015, invece, nella terza e ultima istruttoria, la Corte d’appello di Milano condanna all’ergastolo Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, e la stessa cosa farà la Cassazione due anni dopo.
Ma la ferita che ci è stata inferta nessuno la rimarginerà mai…