Bitonto, suo Comune d’origine, non lo ha dimenticato.
C’è una lapide commemorativa all’ingresso di Palazzo Gentile, dove ogni anno il sindaco, la famiglia e le forze dell’ordine gli rendono, puntualmente, omaggio.
Vi è una stele nel bel mezzo di piazza Caduti del Terrorismo.
Anche una strada porta il suo nome. Così come la sezione dell’Associazione nazionale della polizia di Stato, l’Anps.
Lui è Michele Tatulli, un figlio della città dell’olio e del sollievo. Un’altra vittima di quella terribile stagione del nostro Paese comunemente denominata “anni di piombo”. Più semplicemente, Terrorismo.
Era un ragazzo che aveva deciso di entrare in Polizia, come tanti suoi coetanei di quegli anni.
Un giovane, purtroppo, strappato alla via troppo presto. Alla tenera età di 24 anni. Per colpa di una guerra che le Brigate rosse avevano intrapreso, già da tempo, con lo Stato, e che ha portato via politici, giornalisti e rappresentanti delle forze dell’ordine, appunto.
La data è di quelle che da tempo abbiamo impresso nella memoria: 8 gennaio 1980, 38 anni fa proprio domani.
Il luogo è via Schievano, a Milano.
Sono le 8,15 del mattino. In quest’arteria della parte sud della città meneghina Michele Tatulli era con altri due colleghi, Antonio Cestari e Rocco Santoro, a bordo di un’auto civetta – una fiat Ritmo – e in borghese. I tre poliziotti, in servizio al commissariato di Porta Ticinese della questura di Milano, sono impegnati in quello che credono essere un normale e ordinario giro di perlustrazione della città. Ma non si accorgono di essere tallonati da un’altra macchina, una 128 bianca, su cui siedono Barbara Balzerani, Mario Moretti, Nicolò De Maria, Nicola Gianicola, quattro brigatisti.
Improvvisamente, accade che l’utilitaria dei poliziotti è speronata proprio dalla 128 bianca. Siamo in via Schievano, a due passi dal sottopasso di viale Cassala.
In pochi secondi, un dramma si consuma. I quattro rappresentanti delle Br sparano una raffica di colpi con armi automatiche e per Tatulli, Cestari e Santoro non c’è nulla da fare. Non hanno neanche il tempo di reagire e muoiono sul colpo riversi sui sedili.
Bettino Craxi, il leader socialista, intervenuto sul posto, afferma che “hanno ucciso tre proletari” e quella frase concerta tutto lo sconcerto di una stagione di insensatezze.
Una lapide ricorda quell’efferato pluriomicidio, profanata da vandali nell’aprile del 2005.
Tutti e tre sono medaglia d’oro alla memoria e al valore civile.
L’attentato è compiuto perché i brigatisti vogliono dare il loro saluto a Carlo Alberto Dalla Chiesa, il generale dei carabinieri da poco arrivato a Milano al comando della divisione Pastrengo.
Al processo, secondo l’accusa, a guidare la macchina degli assassini c’è Nicolò De Maria mentre Barbara Balzerani, Mario Moretti e Nicola Gianicola sparano con i mitra sui poliziotti.
Balzerani, poi, qualche anno fa, è stata ospite proprio a Bitonto per presentare il suo ultimo libro, uscito nel 2014. Parte della città si è indignata soltanto dopo l’evento, a resoconti avvenuti della stampa locale.
Bisognava alzare la voce prima, e non post. Anche perché la ferita mortale a Michele e ai suoi colleghi era già stata inflitta.
Martedì, invece, al teatro Traetta, l’Istituto “Vitale Giordano” organizza un evento proprio per ricordare il nostro giovane poliziotto. “La memoria batte nel cuore del futuro“. Speriamo sia per sempre così