Quella di questa domenica è la storia di un uomo ucciso due volte dopo che, miracolosamente, era riuscito a sfuggire una volta al tragico destino.
Una volta è stato ammazzato dallo Stato, che, addirittura, lo riteneva un corrotto, una spia, un venduto alla criminalità organizzata palermitana solo perché si era salvato quando a morire era stato un (altro) cadavere eccellente.
Poi da quella stessa criminalità, alias Cosa Nostra, con cui invece aveva un conto aperto che si sarebbe potuto chiudere soltanto in quella barbara maniera.
Morto ammazzato. Il 14 gennaio 1988, mentre si trovava davanti al negozio di giocattoli gestito dalla moglie nel quartiere Arenella, nel capoluogo siciliano. Aveva 36 anni lui, Natale Mondo, crivellato di colpi come tanti altri prima e dopo di lui.
Era un poliziotto. Un servitore dello Stato, che poi non ci ha pensato due volte a voltargli le spalle. Vigliaccamente.
Si arruola in Polizia nel 1972 prestando servizio dapprima nella città di Roma e successivamente a Siracusa e Trapani.
Ed è qui che arriva un incontro che gli svolta la vita: conosce il vicequestore aggiunto Ninni Cassarà con cui lavorerà fianco a fianco per ben sette anni, diventandone anche autista in un secondo momento. Ed è proprio Cassarà a volerlo anche a Palermo, dove nel frattempo è andato per dirigere la squadra mobile.
È il 1982. Per i successivi tre difficilissimi anni si occupa prevalentemente di indagini sulle cosche mafiose.
Arriva l’estate 1985, caldissima e non per colpa delle temperature. Salvatore Riina e compagni continuano a fare a pezzi, con kalashnikov e altre armi, i rappresentanti delle istituzioni che cercano di contrastarli. Il 28 luglio è ammazzato Giuseppe Montana, poliziotto anche lui, mentre il 6 agosto tocca proprio a Cassarà fare la stessa atroce fine. Davanti alla moglie e insieme all’agente di scorta Roberto Antiochia.
Quella mattinata c’era anche lui. Ma si salva riparandosi dietro l’auto di servizio. Sopravvive, certo, ma inizia per lui un’altra pagina di vita.
La più terribile. Inaspettata. Kafkiana.
Succede, infatti, che sulla base di alcune dichiarazioni di un pentito, Natale Mondo è accusato di essere un corrotto e di aver fornito informazioni ai sicari mafiosi sugli spostamenti del vicequestore, nonché per traffico di stupefacenti. È arrestato, incarcerato e processato. Affronta così non soltanto il lutto per la perdita del suo superiore nonché amico fraterno Ninni Cassarà, ma la gogna mediatica a cui è esposto.
Soltanto grazie alla testimonianza della vedova Cassarà e di altri colleghi, si capisce che le accuse sono totalmente infondate e Mondo è rimesso in libertà e riabilitato come poliziotto. Era sì un infiltrato nelle cosche, ma per volere proprio del compagno di una vita e soprattutto, dopo tutto questo, è moralmente un uomo che cammina.
Dopo quella morale, arriva, puntuale, arriva la morte fisica, evitata tre anni prima.
Nel primo pomeriggio del 14 gennaio 1988, come detto.
Perché se lo Stato può dimenticare, Cosa Nostra non lo fa mai.