Il suo nome è, è stato, e sarà sempre avvolto in un alone di storia, verità, leggenda e mistero.
Perché Leonarda Cianciulli è esattamente tutto questo. E, anzi, diciamolo meglio: anche se sono passati 80 anni, non può non essere tutto questo. D’altronde, come giudichereste una serial killer che, dopo aver ucciso e sezionato le sue vittime, faceva sapone con i loro corpi e dolcetti con il loro sangue divenuta, quindi, la saponificatrice di Correggio?
Ma chi è stata Leonarda Cianciulli? È stata lei a scriverlo nel suo memoriale, che ha pensato di redigere durante gli anni passati nell’ospedale psichiatrico di Aversa prima del processo. È nata a Montella, in provincia di Avellino, nel 1894, si è sposata a 23 anni con un impiegato del catasto. Accade, però, che poco prima delle nozze la madre l’avrebbe maledetta. Nel 1930 è costretta a trasferirsi dopo il terremoto del Vulture e arriva a Correggio, in Emilia Romagna. Ma, dettaglio non da poco, ha già la fedina sporca perché era stata condannata per furto nel 1912, per minaccia a mano armata nel 1919 e per truffa nel 1927.
In Emilia ha avviato un’attività di compravendita di abiti, mobili e oggetti vari e offriva anche servizi di chiromanzia.
La parte più inquietante della sua vita è iniziata nel 1939, e non solo per la paura che i figli potevano essere chiamati al fronte. La prima donna a essere è stata Ermelinda Faustina Setti, il 17 dicembre 1939, 70enne attirata con la scusa di un futuro matrimonio. Uccisa a colpi di ascia e il suo corpo è stato diviso in 9 parti. Nel memoriale, la “saponificatrice” ha rivelato di aver sciolto il corpo con la soda caustica, facendolo sparire, e di aver raccolto il sangue in un catino, per poi farlo seccarle al forno e usarlo per fare pasticcini, serviti alle altre amiche.
La seconda vittima Francesca Clementina Soavi, un’insegnante scomparsa il 5 settembre 1940. Infine, il 30 novembre dello stesso anno, l’ex soprano Virginia Cacioppo, “finita nel pentolone, come le altre due – ha scritto la serial killer nel memoriale – ma la sua carne era grassa e bianca: quando fu disciolta vi aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose. Le diedi in omaggio a vicine e conoscenti”.
Accade, poi, che proprio la cognata di Virginia Cacioppo, famoso soprano d’opera, ha denunciato la scomparsa al questore di Reggio Emilia, non avendo più notizie della donna da tempo. Così, sono iniziate le indagini, che hanno portato subito a sospettare di Leonarda Cianciulli, arrestata nell’aprile 1941.
Il 12 giugno 1946 – dopo un periodo ad Aversa – ha avuto inizio il processo a Reggio Emilia. Ad aumentare la curiosità già alta della popolazione hanno contribuito i tentativi di suicidio della donna che, stando a quanto riportano alla stampa dell’epoca, “ha tentato di suicidarsi ingoiando alcuni chiodi e cocci di vetro. Questo stomaco di criminale ha digerito chiodi e vetri, e allora tentò di impiccarsi lacerando a strisce una coperta”.
La Cianciulli è stata accusata di aver ucciso Faustina Setti, Francesca Soavi e Virginia Cacioppo, e di essersi liberata dei cadaveri “saponificandoli in un calderone preso a prestito da un’amica col pretesto di fare molto sapone“. Al banco degli imputati insieme anche il figlio Giuseppe, accusato di complicità. La donna è stata condannata a 30 anni di carcere, preceduti da tre anni da scontare in una casa di cura. Di fatto, però, la Cianciulli non ha più lasciato l’ospedale psichiatrico, dove è morta nel 1970, mentre il figlio è stato assolto dalle accuse per insufficienza di prove.
Tutto finito? Non proprio, perché più di qualche aspetto non è stato mai chiarito. Nonostante, infatti, sia durante il dibattimento che nel memoriale, abbia raccontato i minimi dettagli delle mostruosità (a suo modo di dire) compiute, secondo esperti e studiosi non è mai esistita alcuna traccia di sapone, dolcetti e pasticcini. Tutto, allora, sarebbe solamente il frutto della sua immaginazione, che doveva trovare una spiegazione per convincere i giudici di aver smaltito i corpi da sola.
Nonostante questo, anzi forse proprio per questo, la storia di Leonarda Cianciulli rappresenta un caso unico al mondo.