L’evento espositivo che, a cura di Francesco Petrucci, si terrà ad Ariccia (Palazzo Chigi) a partire dal prossimo 14 ottobre, e che consentirà finalmente a chiunque sia interessato di ammirare de visu il dipinto raffigurante La Cattura di Cristo nell’orto, esposta a Milano nella famosa mostra longhiana del 1951 come ‘copia da’, poi acquisita da una collezione privata agli inizi del 2000 dall’antiquario Mario Bigetti che vi aveva riconosciuto la mano di Michelangelo Merisi da Caravaggio.
Com’è noto è durato 18 anni l’iter giudiziario che ha visto implicato il noto antiquario romano -conosciuto a livello internazionale per essere stato uno dei maggiori mercanti italiani di dipinti antichi- in una vicenda dai contorni paradossali, prima che gli venisse restituita la piena disponibilità del quadro. Comunque la si pensi a proposito dell’autografia dell’opera (che tuttavia da buona parte della critica è ritenuta quale autografo caravaggesco, insieme alla versione ora a Dublino) quello che lascia sconcertati, ripercorrendo l’intera vicenda, è il dover rendersi conto di come determinate leggi addirittura sembra frappongano ostacoli al riconoscimento dei propri diritti a chi abbia operato in buona fede e alla luce del sole. Un ‘caso’ del genere dunque merita la dovuta attenzione al di là di un discorso eminentemente artistico dato che non può che riproporre il tema della revisione di una legislazione che penalizza tanto i mercanti d’arte italiani quanto il collezionismo privato. La ‘Presa di Cristo’ dalla collezione Ruffo, a cura di Francesco Petrucci
Palazzo Chigi ad Ariccia, dal 14 ottobre 2023 al 7 gennaio 2024, ospita in mostra, per la prima volta al pubblico, a conclusione del suo restauro e delle indagini diagnostiche, un vero capolavoro sconosciuto: la prima versione della famosa composizione del Caravaggio raffigurante la Presa di Cristo.
L’opera infatti era stata esposta soltanto nel 1951 alla storica Mostra del Caravaggio e dei caravaggeschi tenuta presso il Palazzo Reale di Milano a cura di Roberto Longhi, quando si presentava sporca e con varie ridipinture, rimosse dopo il recente restauro.
Le indagini hanno evidenziato radicali cambiamenti ed estesi pentimenti, che ne avvalorano l’assoluta autografia, confermata per la sua qualità molto alta da autorevoli studiosi sin dalla sua ricomparsa nel 2003. In ragione della sua eccezionalità il quadro è stato notificato dallo Stato Italiano con Decreto del 2 dicembre 2004 del Ministro dei Beni Culturali come opere di particolare interesse per la Nazionale.
Ne vengono documentate per la prima volta in mostra le prestigiose provenienze: la collezione Mattei, la collezione Colonna di Stigliano e la collezione Ruffo di Calabria, per il cui tramite è pervenuta presso all’attuale proprietario.
La Presa di Cristo della collezione Mattei, nota attraverso numerose copie e presunti originali, è una delle composizioni spiritualmente più intense e ricche di pathos dell’attività romana di Michelangelo Merisi da Caravaggio (Milano 1571 – Porto Ercole 1610). Essa costituisce un vero corrispettivo a destinazione privata delle stupefacenti tele della cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi (1599-1600) e della cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo (1600), che segnano una radicale svolta in termini espressivi nella produzione dell’artista lombardo, dopo la prevalenza di soggetti di genere e a tema mitologico degli anni precedenti.
In questa sede si ripercorre la controversa storia della potente invenzione caravaggesca e delle sue testimonianze pittoriche, che hanno un vertice nelle due redazioni della raccolta Ruffo di Calabria, ritrovata da Roberto Longhi nel 1943, e della Compagnia dei Gesuiti di Dublino, in deposito presso la National Gallery of Ireland dal 1993.
?Il dipinto ‘Bigetti’ a Palazzo Chigi nel momento del posizionamento e della lucidatura
Le due versioni sono entrambe autografe, ma dotate di autonomia formale ed espressiva, con una precedenza della versione Ruffo, di cui quella irlandese è una replica con varianti rivisitata nelle caratteristiche pittoriche e d’impianto, migliorandone il classico decoro in senso iconografico ed estetico rispetto al carattere “espressionista” e fortemente drammatico del prototipo. Nessuna opera di Caravaggio ha conosciuto nelle sue redazioni principali vicende collezionistiche così travagliate, con la pubblicazione di un romanzo thriller, un rocambolesco furto e una paradossale vicenda giudiziaria, che da sola meriterebbe una trattazione specifica.
La presa di Cristo nell’orto, (già coll.Ruffo, ora coll. Bigetti) part.
La complessità d’impianto, i contenuti iconografici, iconologici e concettuali della composizione caravaggesca, che non ha corrispettivi nelle opere del Merisi a destinazione privata, paragonabile per le problematiche sottese a quelle delle pale d’altare, merita una trattazione monografica, oggetto di questo evento.
Viene ricostruito idealmente sull’altana di Palazzo Chigi l’atelier di Caravaggio, collocando la tela su una parete a fondo nero, con luce proveniente diagonalmente dall’alto a sinistra, come testimoniano le fonti storiche (Bellori, Mancini). L’altana infatti nel passato era stata destinata anche a laboratorio di restauro di quadri, come spesso avveniva sulle altane dei palazzi romani. Nella stessa sala sono esposti pannelli a luce retro-riflessa con la radiografia dell’opera, la sua riflettografia e una riproduzione della versione di Dublino.
Pannelli didattici documentano le 15 copie della composizione e la sua storia.
Vengono esposte anche la Presa di Cristo del Cavalier d’Arpino, un dipinto rinascimentale ambito di Giorgione raffigurante il medesimo soggetto e una versione della Baruffa di Bruttobuono di Francesco Villamena, riferimenti per la composizione di Caravaggio. Nella sala quadrata, collocata sotto l’altana, sono invece esposte copie contemporanee tratte da dipinti celebri di Caravaggio eseguite dai pittori Nicola Ancona, Giancarlo Pignataro, Guido Venanzoni.
La mostra, sostenuta anche dall’intervento dell’associazione culturale “Comitato di San Floriano” di Illegio – nota per le mostre internazionali d’arte che annualmente propone nella località alpina del Friuli –, è sponsorizzata dalla Fondazione Meeting del Mare – C.R.E.A. (cultura religioni e arte), istituto di cultura che ha sede nel Cilento, a Camerota – realizza importanti progetti d’arte e mostre in tutta Italia, in particolare modo nelle regioni del Sud, con lo scopo di fare, della Bellezza, un potente veicolo di promozione umana e sociale –. L’allestimento è curato da Glocal Project Consulting, che promuove mostre d’arte in molti paesi del mondo.
La mostra verrà ospitata successivamente a Napoli, in una prestigiosa sede museale.