Un romanzo, per breve che sia, è un grande romanzo se ti cattura sin dalle prime parole e ti accompagna magicamente, senza incomprensibili strattoni narrativi, fra vicende e personaggi, facendoti sentire parte di un mondo, che, forse, non esiste più e, ipso facto, esisterà per sempre.
Perché ad immortalarlo ha provveduto la possa segreta e ammaliante della letteratura. “A occhi chiusi” di Maria Antonietta Elia è un’opera che racconta, sì, il destino amaro di un soldato ferito durante la Grande Guerra, rimasto invalido e spentosi proprio a causa di quel colpo esiziale, ma non è affatto l’elenco di violenze inaudite e inutili. Anzi, gli scoppi tremendi di bombe crudeli, le attese disperate in trincea, gli assurdi scontri fratricidi di uomini in divisa, restano quasi sullo sfondo e sul palco si staglia nitidamente il cuore del protagonista.
Certo, c’è l’espediente quasi manzoniano della foto con annessi ricordo e preghiera del lontano parente, Gaetano Masellis, che visse sulla propria pelle una sorte sì tanto tristanzuola, però con sublime delicatezza l’autrice preferisce lumeggiare i palpiti più segreti, le intime pieghe, gli invisibili angoli di un’anima vulnerata nel profondo.
Il viaggio nel labirinto dentro il petto di un giovane, che ha perduto la vista, esigeva una superba dolcezza che la scrittrice esercita ad ogni pagina. Perché quando il buio signoreggia spietato dentro i tuoi occhi, scolpisci il mondo con le dita, cogli i rumori che ti piovono addosso, respiri odori e fragranze che inebriano. Ed è quello il momento in cui si attiva lo sguardo della memoria che tutto riconosce.
E, una volta che sentimenti, sensazioni e sentire si trasformano in ricordi, non li potrai mai più cancellare. L’ingiustizia di una anonima lacerazione, l’amorosa accoglienza da parte di una famiglia che pian piano diventa la propria, il ritorno a casa con le sue inquietudini e le sue ubbie.
Ecco, la storia di un milite come tanti assume una forza esemplare che potremmo definire universale. Perché le tragedie dell’umanità sono sempre pari a sé stesse e non abbandonano l’uomo per il sol fatto che egli stesso le determina.
Allora, l’unico balsamo ai malconciati giorni resta la penna sensibile e raffinata di chi sa leggere il cuore, proprio come succede in “A occhi chiusi” della poetessa Maria Antonietta Elia.
Che già sta mietendo meritati riconoscimenti.
La Presidente regionale dell’Unione Ciechi di guerra, prof.ssa Esperia Nutricati, ha invitato la nostra concittadina a Polignano a mare per renderle grazie ed “elogiare la bellezza del romanzo” alla presenza dell’intero Consiglio.
La Giuria del Premio “Firenze, Capitale d’Europa” premierà il romanzo sabato 4 dicembre nel Salone dei Cinquecento, in Palazzo Vecchio, Firenze.
Presto, il Consiglio Regionale organizzerà un incontro con l’associazione “Ciechi di guerra“.
Infine, il prof. Francesco D’Episcopo, eccelso critico letterario dell’Università degli studi “Federico II”, ha letto “con particolare commozione” il testo, sottolineando come vi si possano cogliere “grande amore” e “sacro rispetto” per la vicenda narrata.