«Uno spirito sempre debitore della cultura umanistica, volto all’impegno civico declinato in tal senso, convinto della necessità di mai dover e poter recidere il filo con la stessa cultura e storia del territorio che più amava, quello della nostra città di Bitonto».
Così, il giornalista e presidente del Centro Ricerche di Storia e Arte – Bitonto Marino Pagano ricorda la figura di Vito Procacci, di cui qualche giorno fa la città ha pianto la scomparsa.
«Uomo di cui sono note le elevate virtù a livello umano e scientifico – scrive -. Ma è giusto un riferimento anche alle sue passioni culturali umanistiche e storiche, riferibili magari più alla sua età giovanile, tuttavia sempre confermate e riconfermate nel tempo. Erano passioni ed interessi di grande attenzione e partecipazione anche verso le attività del Centro Ricerche di Storia e Arte – Bitonto, sodalizio verso cui nutriva grande stima: tutti legami confermati da Stefano Milillo e Nicola Pice. Non a caso, abbiamo inteso sottolineare anche pubblicamente questo aspetto della vita di Procacci, ben radicato in una tradizione familiare di cura nei confronti di certe tematiche. Sorge, allora, naturale il sentimento della gratitudine, dell’affetto e del rimpianto proprio per ciò che Vito Procacci esemplarmente è stato.
Interessante anche il tema della continuità ed anzi della osmosi tra cultura umanistica e scientifica, così ben riassunto nella sua esistenza. In quei tempi, inoltre, il Centro Ricerche costituì anche il gruppo Soci aderenti a cui partecipavano ragazzi in età fino ai 18 anni. Si interessavano particolarmente di ecologia e salvaguardia dell’ambiente. Con i più grandi, furono i primi a battersi per il restauro della chiesa di San Francesco della Scarpa. Vito fu uno dei promotori di questo gruppo giovanile.
Altrettanto spontanea nasce anche una riflessione sui giovani ed il volontariato culturale oggi, nella loro città di origine e vita; sui giovani e la stessa attenzione alla storia cosiddetta “locale”. Viviamo tempi critici su tutto ciò, una difficoltà forse epocale, specie ripensando al tempo vissuto -ed interpretato- dai giovani fondatori del Centro Ricerche, nel 1968, anno fatidico, con il mondo che si ribellava alla società dei padri ed esprimendo invece, a queste latitudini, il coraggio di tornare alla ‘pietre’ della città, non certo per culto passatista, vivendo semmai una storia da riscoprire come collante civico e ordito collettivo. Nel pensare e ripensare alla sua figura e a quanto come patrimonio morale ci ha lasciato, potrebbe aprirsi anche questo piccolo spazio di riflessione sulla situazione attuale dei giovani e del loro rapporto con il volontariato culturale e con l’impegno legato alla storia. Uno slancio fertile, che ha attraversato più decenni, da qualche tempo sembra affievolito. I giovani ed i giovanissimi sono attratti, forse maggiormente, dai contesti sovracomunali, da prospettive globali che, pur importanti ed anzi necessarie a livello formativo, rischiano di sradicare il legame con la propria comunità di origine. Un rischio che può lambire persino chi pur studia, nelle rispettive discipline di indagine storiografica, i territori e le loro antiche storie. I fattori del fenomeno possono essere, però, diversi: la percezione di un contesto, appunto, ristretto; il peso della gratuità nell’impegno; perchè no anche una visione della cultura e della storia avvertite come meno rilevanti nel proprio vissuto quotidiano. Pur riconoscendo questo quadro di difficoltà, non mancano segnali di speranza. Nuove iniziative e forme di partecipazione emergono, anche se in forme diverse rispetto al passato. La sfida forse risiede nel trovare modi innovativi di coinvolgimento, capaci di coniugare l’eredità del passato con le esigenze e i linguaggi del presente, per risvegliare nei giovani quel senso di appartenenza e di impegno che, come ci ha insegnato Vito Procacci, rappresenta una ricchezza inestimabile. Vito lascerà tantissime tracce, questo dice la ricchezza multiforme della sua personalità. Tra queste tracce, ecco anche quella dell’impegno culturale nella vita della città. Grazie a lui e ad una memoria che sarà viva!».