Ci mancava solo questa. Ed ha qualcosa di sinistramente simbolico del periodo buio che stiamo vivendo. Si tratta, infatti, di un oggetto cinese che minaccia l’Europa.
Dunque. Il vettore Long March (già, la “Lunga marcia” di maoista memoria) 5B, che ha portato in orbita il 29 aprile scorso il primo modulo della nuova stazione spaziale cinese, pare sia impazzito e sia sfuggito a qualsiasi controllo in fase di rientro nell’atmosfera terrestre. I rottami potrebbero causare danni schiantandosi al suolo, per quanto rimanga più probabile una loro caduta in mare. Il contatto col nostro globo terracqueo è previsto per il 10 maggio.
Il ministro degli Esteri cinese, Wang Wenbin, ha rassicurato tutti, definendo “estremamente bassi” i rischi (e anche questa ci pare di averla sentita, un annetto fa, ndr) per la ricaduta sulla Terra dei detriti. Intanto, sale la preoccupazione nei Paesi probabili “bersagli”. In special modo, l’Italia, ovviamente. Il tavolo tecnico – composto da Asi (Agenzia spaziale italiana), da un membro dell’ufficio del Consigliere militare della Presidenza del Consiglio, rappresentanti dei ministeri dell’Interno – Dipartimento dei vigili del fuoco, della Difesa – Coi, dell’Aeronautica Militare – Isoc e degli Esteri, Enac, Enav, Ispra e Commissione speciale di Protezione civile della Conferenza delle Regioni – insieme ai rappresentanti delle Regioni potenzialmente coinvolte (ben nove), sta seguendo tutte le operazioni del rientro, fornendo analisi e aggiornamenti sull’evoluzione delle operazioni. Sulla scorta delle informazioni attualmente rese disponibili dalla comunità scientifica, il Dipartimento fornisce alcune indicazioni utili alla popolazione affinché “adotti responsabilmente comportamenti di auto protezione”.
Nel dettaglio: “è poco probabile che i frammenti causino il crollo di edifici, che pertanto sono da considerarsi più sicuri rispetto ai luoghi aperti. Si consiglia, comunque, di stare lontani dalle finestre e porte vetrate”; “i frammenti impattando sui tetti degli edifici potrebbero causare danni, perforando i tetti stessi e i solai sottostanti, così determinando anche pericolo per le persone: pertanto, non disponendo di informazioni precise sulla vulnerabilità delle singole strutture, si può affermare che sono più sicuri i piani più bassi degli edifici”; “all’interno degli edifici i posti strutturalmente più sicuri dove posizionarsi nel corso dell’eventuale impatto sono, per gli edifici in muratura, sotto le volte dei piani inferiori e nei vani delle porte inserite nei muri portanti (quelli più spessi), per gli edifici in cemento armato, in vicinanza delle colonne e, comunque, in vicinanza delle pareti”; “è poco probabile che i frammenti più piccoli siano visibili da terra prima dell’impatto”; “alcuni frammenti di grandi dimensioni potrebbero resistere all’impatto. Si consiglia, in linea generale, che chiunque avvistasse un frammento, di non toccarlo, mantenendosi a una distanza di almeno 20 metri, e dovrà segnalarlo immediatamente alle autorità competenti”.
Al momento, la previsione di rientro sulla terra del lanciatore spaziale è fissata per le ore 02:24 del 9 maggio, con una finestra temporale di incertezza di più o meno 6 ore. All’interno di questo arco temporale sono tre le traiettorie che potrebbero coinvolgere l’Italia che, in totale, interessano porzioni di nove regioni del centro-sud, ovvero Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna. È quanto emerso dal Comitato operativo della Protezione civile, convocato stasera dal capo Dipartimento Fabrizio Curcio, per un’analisi degli ipotetici scenari dovuti al rientro incontrollato in atmosfera del razzo e la condivisione delle informazioni con le strutture operative e i territori potenzialmente coinvolti.
“Le previsioni di rientro – sottolinea il Dipartimento – saranno soggette a continui aggiornamenti perché legate al comportamento del vettore spaziale stesso e agli effetti che la densità atmosferica imprime agli oggetti in caduta, nonché a quelli legati all’attività solare”.