La vita è un intarsio di cuori.
Anche quando crediamo che il mondo sia solo fango
e la solitudine il meritato carcere, dimentichiamo che la nostra esistenza
s’intreccia alle altre che alla nostra s’abbracciano.
Immaginiamo il meriggio solatio di qualche giorno
fa.
Chissà cosa avrà pensato Carmine, rannicchiato
nella pelle della sua anima ferita, che qualche giorno prima pare avesse già scritto un bigliettino denunciando il fatto di essere stato abbandonato da tutti.
Tra quei lastroni perlacei poggiati ai muri, si
sarà inginocchiato come per una preghiera assurda e avrà sfiorato con esanime
strazio uno di quei marmi gelati.
Avrà seguito quelle venature grigie e, per un
attimo disperante, ci avrà figurato sopra le lettere di bronzo col suo nome e
il suo cognome.
“Ma com’è possibile che tutto finisca dietro
una lapide, nel silenzio struggente del tempo? Viviamo senza lasciare niente
quaggiù? Un sogno, un gesto, un ricordo…“, avrà pensato.
Ed avrà sentito il cuore piangere, frastagliato di
rimorsi e dolorose memorie.
Tlac. Ha serrato il cancello della sua impresa e
s’è avviato per quel viale alberato e tristemente austero che è via Traiana.
Già, la via del cimitero, dove riposano persino le
anime più tormentate.
Per i campi vicini ha preso a vagare per un
labirinto fatto di dolenti ulivi e pietre antiche.
Niente. Non sentiva più i palpiti del suo cuore.
Frattanto, un ragazzo, che correva leggero come un
angelo, faceva il solito allenamento pomeridiano. Passo sicuro sull’asfalto e
sguardo puntato all’orizzonte del crono da battere, ha scorto d’improvviso
quell’uomo che s’andava perdendo.
Con l’occhio acuto del podista che capisce il
mondo al volo gli si è avvicinato ed ha cominciato a parlare. Parlare. Parlare.
Sapete, cari lettori, le parole sanno essere
dolcissime carezze per chi è solo col suo dolore.
il giovane ha posato un velo di soave balsamo su
quelle lacerazioni profondissime dell’uomo.
Poi, prendendolo per mano, lo ha ricondotto
all’impresa, guardandolo negli occhi prima di salutarlo.
S’è rimesso a correre, ma aveva sempre dentro il
tarlo di quell’imprenditore crocifisso ad una croce fatta di perchè e angosce.
Quando è giunto dinanzi all’ingresso della“Marmi3Emme” ha visto una muta fissità nelle cose e nelle persone che
in silenzio si abbracciavano e singhiozzavano. Ed ha capito che l’irreparabile
era accaduto.
Il ramo fragile aveva dato l’addio all’albero della vita.
Non sono bastate le sue parole a salvare Carmine.
Il podista s’è accasciato e si è sentito inutile
come uno che abbia amato invano…
Ma purissimo è l’amore di un uomo che cerca di
salvare la vita di un altro uomo che ha deciso di farla finita…