Da una lettrice, C. C., riceviamo e pubblichiamo. La violenza è nei dettagli Una donna autodeterminata può essere una vittima, un uomo nel pieno della sua autonomia può essere una vittima. Le vicissitudini innumerevoli della quotidianità ci rendono carnefici e vittime a seconda di quanto il gioco richiede. Questa breve storia comincia con una donna che si rivolge ad amici e parenti in cerca d’aiuto. Un rapporto di amicizia, di convivenza che finisce male, come tanti rapporti, come tante amicizie. Vuoti che cercano di essere colmati, diamanti grezzi in cerca di luce. E poi la tossicodipendenza, l’alcolismo, l’aggressività, la paura. Se in pericolo, è giusto si chieda aiuto ed è giusto che lo si chieda a chi è deputato per farlo.
– Buongiorno!
Addirittura stai piangendo! Perché Piangi?
– Perché ho paura!
– Paura di chi?
– Avevo un collega che si è trovato solo ed in difficoltà, ho deciso di aiutarlo e abbiamo preso casa assieme
– C’era una relazione?
– No
– Avevate rapporti?
– No No eravamo solo amici e colleghi
– E tu hai preso casa con una persona senza avere una relazione! Con un ragazzo!?
– Si eravamo solo amici.
– Va bene, va bene, continuiamo. Poi cosa è successo?
– Non ha mai contribuito alle spese, ha cominciato a fare abuso di cocaina e
– Mmm che secondo me anche tu… ma chi è questo?
– Fabio Andreoli
– Io questo nome l’ ho già sentito, ma abbiamo già parlato io e te?
– Si ma…
– Sei venuta già a parlare di questa cosa?
– No, ci siamo visti per altro…
– Mmm… Fabio Andreoli mmm… io questo nome lo conosco…
– Si ha già due denunce
– Ma dove?
– Nel posto in cui lavoravamo… “da Vincenzo”, ha fatto…
– AH! Ma chi? Quello che aveva fatto una scenata lì davanti? Annuisce
– Si l’avevo presa in carico io quella denuncia, ma tu eri una teste?
– No
– Ma hai parlato con me?
– No, ho parlato con degli agenti per confermare la convivenza nello stesso domicilio.
– Mmm… ma tu, come ti sei ritrovata con questo?
– Le ho detto… era un amico, non sapevo che facesse uso di droghe e…
– Mmm ma secondo me anche tu…
– NO NO! …
– Anche tu fai uso di…?
– Le dico di no, ci mancherebbe altro, ho visto come si è ridotto e…
– Mmmm ma quindi perché siete qui?
– Perché ho paura.
– Ma di cosa?
– E’ diventato violento e non vuole andar via di casa, nonostante l’abbia invitato più volte a farlo.
– E non puoi andartene tu?
– Il contratto é a nome mio e temo possa danneggiare il locale. – Ma scusa non hai un padre, qualcuno che possa intimargli di andar via?
– No, non ho un padre! Le mani strette strette in grembo.
– Mmmm ma da quando vivete assieme?
– Da Novembre
– Ma io non mi spiego come da Novembre tu abbia vissuto con questa persona se non avevi una relazione con lui, cioè perché non sei andata subito via?
– Avevo appena cambiato casa e ho cercato, ho provato a far andare via lui – abbassa la testa si guarda le mani con gli occhi gonfi e lucidi, le labbra strette a trattenere l’anima – non ce la facevo e… econ… economicamente.
– Allora Signori’ le cose possibili sono due: mandargli una diffida tramite avvocato o andare via tu. Non ci sono presupposti per un reato di alcun tipo, non ha mai esercitato violenza su di te, non ti ha mai minacciato, dici che non c’era nessun rapporto affettivo e non intravedo nessuna traccia di stalking, dici che hai paura ma non capisco di cosa. Qual è il tuo nome?
– Elisa Torre
– Quanti anni hai?
– 27 Appuntando le informazioni su un foglio di carta con voce bassa, riflessiva
– Mia moglie alla tua età aveva già tre figli.
– Come?
– Dicevo… mia moglie alla tua età aveva già tre figli… chissà cosa ha preparato per pranzo!
– …Ma davvero non si può far niente per allontanarlo da casa? L’ultima volta in un impeto di rabbia ha lanciato in aria mobilio e pentole, ho dovuto rinchiudermi in camera ed ha cercato in tutti i modi di buttar giù la porta, ho chiamato dei colleghi perché lo allontanassero e… – Singhiozzi e lacrime interrompono il racconto;
– Se prendiamo la strada dell’occupazione del locale ci andiamo ad impelagare in … poi lui non è entrato in casa con la forza, era autorizzato da te… devi andar via tu…
– E se cambiassi la serratura?
– Quello è un atto autonomo, certo si può fare ma io ti dico: – dopo aver giocato tutto il tempo con la penna, alza lo sguardo e punta gli occhi rossi e gonfi di Elisa – vai via tu, vai a casa di tua madre o di un amico, va via e cercati un ragazzo per bene… a meno che non ci sia qualche motivo per rimanere lì, ad esempio la cocaina…. – si alza in atto di salutare.
La parola cocaina risuona nella stanza, si riverbera nel silenzio e continua e ripercorrere i pensieri dei due. Unica giustificazione plausibile per il poliziotto che non concepisce una convivenza tra amici, che non ammette una donna senza un uomo, una figlia senza un padre, una donna senza Difesa, né una cittadina che chieda protezione. Elisa viene raggiunta nuovamente dalla parola cocaina, domanda dopo domanda, supposizione dopo supposizione l’agente ha raggiunto il fondo del suo stomaco, oltre le difficoltà economiche, oltre l’assenza di uomini, oltre quel bisogno viscerale di aiutare chi si sente spiritualmente affine, sul fondo di paura si sparge una pioggia fitta di consapevolezza. Quella parola è associata alle mattine in cui appena sveglia trovava polvere bianca sul bordo della vasca e ingoiava il doloroso e amaro boccone del fallimento di un’amicizia finita e di un’anima dolente; allo schifo degli odori di umanità persa, al desiderio di fuggire e continuare a lavorare. Quella parola bagna il fuoco dell’impotenza che l’ha divorata fino a quel punto, si solleva il fumo del riscatto, la gonfia, si alza, le riempie il petto, gli occhi, la bocca:
– LE HO DETTO CHE NON MI SONO MAI DROGATA E NON SI PERMETTA PIù DI RIPETERLO
– IO MI PERMETTO ECCOME, SONO UN’AGENTE DI POLIZIA E HO IL DIRITTO DI FARE DOMANDE, ADESSO NON OSI ALZARE PIù LA VOCE ED ESCA IMMEDIATAMENTE DI QUI!
Elisa si volta, chiude dietro di sé la porta dell’ufficio. Inspira impotenza, espira fallimento, inspira solitudine, espira incomprensione, inspira disorientamento espira paura, il respiro si fa frettoloso, spezzato, le fischiano le orecchie, non riesce a smettere di piangere e un urlo disperato le si spezza in gola. – Aiuto! Sono sola!