“Io sono una forza del Passato
Solo nella tradizione è il mio amore”
Pier Paolo Pasolini
Un mestiere antico… Un mestiere scomparso – L’ultimo Scalpellino di Bitonto Francesco Stellacci
Fino a non molto tempo fa a Bitonto, Francesco Stellacci ha operato il mestiere dello scalpellino recandosi alla sua cava piccola e gentile soprannominata Fondo “Petrale” … il fondo della mola.. il fondo della macina da olio, luogo di lavoro contadino e dell’artigianato locale.
…..un piccolo uliveto della piana olivetata barese…
ciclopiche ruote in pietra poggiate a terra…
(direi) un festival di macine usurate .. che paiono ammassate da secoli …
svariati scalpelli, rare e sdentate punte…
attendono invano il loro ciabattino delle pietre…
Non siamo in una fiaba, ma nell’agro di Bitonto.
Questo luogo incantato, chiamato “Petrale” è un piccolo uliveto trasformato in una cava gentile; un fondo non per coltivare solo le olive, bensì per coltivare le mole, per estrarre e scalpellinare la pietra calcarea locale, materia prima delle macine indispensabili alla molitura delle olive.
Il “Petrale” è situato a ridosso della Strada Poligonale SP 218, il grande anello stradale rurale, che forma una circonferenza quasi perfetta di 18 km e con un raggio di circa 3 km intorno alla città di Bitonto.
Il “Petrale” era ben stato scelto dai maestri scalpellini Vincenzo e Ciccio Stellacci (rispettivamente padre e figlio) in quanto era in posizione strategica. La Strada Poligonale permetteva di raggiungere sia la città di Bitonto, sia i diversi “trappeti” disseminati nelle campagne: le strutture rurali adibite alla macina delle olive, vere e proprie basiliche di pietra realizzate per la produzione dell’olio, di cui restano importanti esempi come il Trappeto di Bovio, di Patierno, Imbone, quello dei Filieri – di cui purtroppo non rimane quasi nulla – e il Trappeto Macchia di Bitetto e altri frantoi situati nel paese.
Il “Petrale” era considerato come una miniera, luogo dove cavare ed estrarre la materia prima delle macine indispensabili ai frantoi, sia per smaltire (quindi per disfarsene ) le macine sbeccate dall’usura che erano state sostituite, raccolte lì perchè improduttive, ma indispensabili sicuramente per la calibratura (…immagino di ascoltare ancora oggi le commesse e le ordinazioni dei trappetari: “Le mole, le voglio uguali a quelle… devono instacabilmente girare allo stesso modo nella stessa vasca….”).
Chi voleva sostituire le macine ragionava su quelle che aveva già utilizzato; commissionava agli scalpellini le nuove mole per la sostituzione e con il confronto di quelle esistenti.
Il “Petrale” diventa così il luogo anche della conservazione, un luogo di produzione e confronto tra le varie commesse dei frantoiani.
Da pietre scartate, sbeccate, le mole diventano sul Petrale, anche un luogo dove ammirare l’eternità della storia della nostra città,… l’eternità che ci è stata regalata e donata dalle sapienti mani dei maestri scalpellini Vincenzo e Francesco Stellacci (Francesco Stellacci è scomparso da qualche anno).
Gli scalpellini, sono dei veri ciabattini delle pietre in quanto artisti maniaci della conservazione del bello.
Lo scalpellinare comportava un enorme dispendio di energie, dove con la forza dei colpi di punte e di scalpelli, si modellavano grossi macigni non solo per formare le mole, ma anche per formare pietrame e manufatti utili per le manutenzioni dei forni in pietra dei centri storici, per pavimentare chiese, scolpire vasi e capitelli (Francesco Stellacci è stato anche protagonista nella pavimentazione con chianche della chiesa dell’Annunziata situata su via di Palese).
Le vecchie mole usurate, le macine sbeccate e scartate, le mole sostituite o di seconda scelta del “Petrale” continuano a produrre e a raccontare la loro storia, continuano a conservare l’identità territoriale della nostra città, nonostante il progresso tecnologico.
Fortunatamente sono rimaste delle tracce di questo passato, delle tradizioni trasmesse dai nostri antenati, delle radici culturali della nostra città fondamentali per lo sviluppo sociale e per il rilancio del territorio e per la formazione di una memoria storica da tramandare di generazione in generazione .
Il Petrale diventa proposta e occasione di Itinerario Demo Etno Antropologico Comunale – magari da concretizzarsi nella formazione di un museo della pietra, degli scalpellini e di tutti i mestieri scomparsi, riscoprendo i tempi e la semplicità della vita rurale per un nuovo “Patto Città Campagna”.
Il ricordo della figlia Isabella Stellacci