Il prologo. Alle 8.30 circa vengono esplosi numerosi colpi di pistola da via Sant’Andrea verso via delle Marteri. Nel corso del sopralluogo della Polizia Scientifica vengono trovati in un unico punto 17 bossoli calibro 9 provenienti sia da revolver che da pistole automatiche: la direzione dell’esplosione dei colpi è conclamata dal ferimento mortale dell’84enne Anna Rosa Tarantino, dal ferimento del 20enne Giuseppe Casadibari, vicino al clan Cipriano, oltre che dal vetro infranto di una Hyundai nera parcheggiata lì.
I risultati medici. La signora, forse usata come scudo umano dal giovane, muore con due colpi nella parte destra addome per shock emorragico; l’autopsia viene effettuata il 31 gennaio nell’istituto di Medicina Legale del Policlinico di Bari dal dott. Francesco Introna. Casadibari, ferito alla spalla, si reca dapprima al Punto di Primo Intervento di Bitonto, poi al Policlinico per un proiettile in regione sotto scapolare che gli perfora un polmone destro: verrà operato nei giorni successivi all’accaduto. Dopo il piantonamento, al momento della dimissione, viene condotto in una località protetta, assieme alla sua famiglia, come collaboratore di giustizia.
Le due sparatorie della mattina. Questo è il prologo di una serie di episodi, un botta e risposta, che si verificano sia all’alba del 30 dicembre 2017, dapprima nel centro storico alle 7.15 con una decina di colpi, poi in zona via Sandro Pertini alle 7.30. Qui, vengono esplosi almeno 31 colpi da armi diverse, un’automatica e una mitraglietta Uzi, verso il condominio appartenente ad affiliati del clan Conte e in quell’occasione viene attinto mortalmente il cane vedetta, Rocky.
La ricostruzione. Verosimilmente questi episodi di perdurante contrasto tra i componenti dei due gruppi criminali, i Colasuonno – Cipriano da un lato, i Conte dall’altro, sono figli della lotta per la gestione delle piazze di spaccio di sostanze stupefacenti. E prima del 30 dicembre scorso, avvengono una serie di piccoli grandi episodi nei giorni precedenti a Natale tra i vari componenti dei gruppi, anche con colpi d’arma da fuoco.
Un precedente significativo avvenne il 29 settembre 2017 in un’area di parcheggio sulla Sp231, appartenente ad un incensurato 25enne, reo di essere cugino di primo grado di Giuseppe Pastoressa, classe 89, pregiudicato ed ora latitante con una pena da scontare di 4 anni e 6 mesi per reati a vario titolo. La Polizia intervenne con delle indagini mirate a fine ottobre che colpirono tre soggetti legati al clan Conte: il 27enne Domenico Liso, il 20enne Damiano Caputo, e il 34enne Vito Antonio Tarullo, tutti aggravati da precedenti penali.
Due dei tre scesero dall’auto a bordo di cui arrivarono e, armi in pugno ed in pieno stile mafioso, dopo aver percosso il 25enne, provocandogli varie fratture, si scoprirono il volto dal passamontagna per farsi riconoscere e minacciare l’uomo.
Se questo aveva sedato per un po’ il fuoco che covava sotto la cenere, il 7 dicembre arriva una ulteriore risposta dello Stato con due arresti, in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare, 40enne Giuseppe Rocco Cassano e del 21enne Nicola Lorusso.
Il primo, il 17 agosto 2015, aveva attentato alla vita di un noto pregiudicato bitontino non esitando ad esploderli tra la gente.
L’altro, il 18 ottobre 2015, durante i festeggiamenti in onore dei SS Medici Cosma e Damiano, nei pressi del Luna Park in via Lazzati, affollato di gente, aveva esploso numerosi colpi d’arma da fuoco attentando la vita proprio di Tarullo: nell’occasione ci fu anche il ferimento, fortunatamente lieve, di incensurato.
I comunicati di allora recitavano che “le immediate indagini, in un clima omertoso per la pericolosità dei soggetti e le loro spiccate propensioni criminali, hanno permesso di fare luce sugli accadimenti attribuendo specifiche responsabilità agli autori di tali gravi fatti inquadrati in un più ampio contesto mafioso”.
Contesti mafiosi, appunto. I fatti hanno dato una ulteriore indicazione di una «scissione armata e sanguinosa all’interno del gruppo Conte – specifica il dirigente della Squadra Mobile di Bari, Annino Gargano -, che aveva portato, di fatto, alla costituzione di una autonoma compagine che ha come unica attività illecita lo spaccio di sostanze stupefacenti ed altre attività, comprese le estorsioni».
Il quadro criminale attuale. I gruppi che si contendono le piazze di spaccio sono, quindi, ad horas il clan Colasuonno – Cipriano, i Conte ed un gruppo distaccatosi nel 2015 da Conte, facente capo ai Di Cataldo. E un gruppo più ridotto detto “La pecora” che pure fanno attività di spaccio e che furono arrestati nel 2016 dalla Guardia di Finanza con una operazione che certificò che i canali di approvvigionamento erano fuori della provincia di Bari, addirittura dal Salento. I collegamenti con Bari sono noti: «Molti degli elementi che oggi compongono i gruppi, negli anni passati erano articolazione del clan Strisciuglio, tanto che furono colpiti da misure cautelari che nel 2013, con il lavoro della Squadra Mobile, disarticolarono la compagine bitontina del clan barese. Ed è chiaro che anche per loro, il “rifornimento” di sostanze avviene sia da Bari che da fuori provincia», continua il dott. Gargano.
Era una tragedia annunciata? La perdurante contrapposizione tra questi gruppi, fatta di movimenti magmatici, fa pensare ad una tragedia annunciata? «Una tragedia annunciata, no – dice ancora Gargano -. Però avevano dimostrato, già ai Santi Medici, che non avevano certo paura di usare le armi in mezzo alla strada, non considerando la gente tanto che anche in quella occasione fu ferita lievemente una persona innocente».
«La morte di Anna Rosa è stato un fatto gravissimo che la città di Bitonto si deve scrollare di dosso, ma non mi pare che ne abbia la forza – afferma schietto -. Non c’è collaborazione: nessuno ha visto, nessuno sa. Possibile che in una corte piccolissima, in una strada due metri larga appena, nessuno ha sentito nulla? Bitonto, ad ogni modo, avrà l’attenzione che merita e non sarà certo un’attenzione episodica: dobbiamo dare delle risposte alla gente per bene. I colpevoli pagheranno tutto, lo dobbiamo soprattutto ad Anna Rosa, una povera donna che stava solo tornando a casa e si è ritrovata in una pozza di sangue».