DI DAMIANO MAGGIO, SOCIOLOGO
Premessa sui dati: Secondo le ultime rilevazioni ISTAT, nel 2024 il tasso di povertà assoluta in Italia ha raggiunto l’11,8% della popolazione, con un incremento significativo rispetto agli anni precedenti. La Puglia si attesta su un preoccupante 13,2%, superando la media nazionale. La Città Metropolitana di Bari, pur presentando una situazione leggermente migliore rispetto al resto della regione, registra comunque un tasso di povertà del 12,5%. Ogni anno, secondo le rilevazioni, circa 1,5 milioni di italiani vivono in condizioni di povertà assoluta, incapaci di soddisfare i bisogni essenziali.
Eppure, le strade della città si riempiono di luci e decorazioni natalizie, un tentativo di preservare l’atmosfera festosa in un momento in cui molte famiglie sono schiacciate da difficoltà quotidiane. Il Natale, che storicamente rappresenta un momento di unione e celebrazione, sembra trasformarsi quest’anno in un simbolo di contraddizioni e disuguaglianze.
Mentre le luci natalizie iniziano a illuminare le strade, gettano ombre lunghe su una realtà che nessuna decorazione può nascondere. Il Natale 2024 si prospetta come un esercizio di ipocrisia collettiva, un tentativo maldestro di mascherare con lustrini e campanelli una crisi economica che morde sempre più a fondo.
Il Natale storicamente, ha rappresentato momenti di aggregazione sociale e celebrazione, tuttavia, quest’anno sembra che questi valori siano stati soffocati dalla difficile realtà economica. Il fenomeno dalla crescente incidenza del “working povero”, ovvero i lavoratori che, nonostante un’occupazione stabile, non riescono a superare la soglia di povertà, è aggravato dalla condizione delle famiglie con figli minori sono particolarmente vulnerabili, con il 14,9% in povertà assoluta.
Le amministrazioni locali, in un gesto che oscilla tra l’ottimismo forzato e la negazione, hanno deciso di mantenere le tradizionali illuminazioni natalizie. È vero, dobbiamo mantenere vivo lo spirito natalizio, ma è come se qualche filo di luci potesse alleviare le preoccupazioni di chi fatica ad arrivare a fine mese. Questa strategia si inserisce in un contesto di consumo massiccio, dove la rappresentazione del Natale è diventata un atto di consumo più che di comunità.
I negozi espongono vetrine scintillanti, ma i commessi raccontano una storia diversa. “La gente guarda, sospira e se ne va,” mi ha confidato Maria, commessa in un negozio di abbigliamento. “È come se volessero comprare l’idea del Natale, ma non possono permetterselo.” Secondo studi recenti, le spese per il Natale nel 2024 sono destinate a calare del 5% rispetto all’anno precedente, testimonianza di una cultura di consumo in declino. Non può essere altrimenti, dato che il potere d’acquisto delle famiglie italiane è diminuito di circa il 10% negli ultimi dieci anni. Inoltre, il divario tra ricchi e poveri si è ampliato: il rapporto tra il reddito del 20% più ricco e quello del 20% più povero è salito a 6,3, uno dei più alti tra i Paesi dell’Eurozona. Questo significa che i più vulnerabili faticano sempre più a vedere un futuro migliore. La precarietà economica ha trasformato il Natale in un momento di stress per molte famiglie, dove la gioia delle festività è spesso schiacciata dalle pressioni economiche.
Le iniziative di solidarietà, lodevoli negli intenti, sembrano più un cerotto su una ferita profonda. Raccolte alimentari, “pranzi sospesi”, e regali per i bambini meno fortunati sono presentati come soluzioni, ma in realtà sono solo palliativi che evidenziano quanto sia grave la situazione.
Il contrasto tra l’opulenza ostentata e la povertà nascosta è stridente. Mentre alcuni ristoranti già pubblicizzano cenoni di Capodanno a prezzi esorbitanti, le mense della Caritas quest’anno registrano un aumento del 30% delle richieste di pasti.
L’atmosfera natalizia, un tempo simbolo di gioia e condivisione, sembra ora un velo sottile che copre malamente una realtà di disagio e disuguaglianza. Le famiglie si sforzano di mantenere le tradizioni, ma dietro i sorrisi forzati si nascondono preoccupazioni e rinunce.
Persino le chiese, tradizionalmente piene durante le festività, notano un calo nelle presenze. “La gente sembra aver perso non solo i mezzi, ma anche la speranza,” mi confida un parroco di Bitonto.
In conclusione, l’atmosfera natalizia del 2024 nella città di Bitonto sembra più un esercizio di negazione collettiva che una vera celebrazione. Le luci brillano, ma sotto la loro superficie si nasconde una realtà di precarietà e disillusione che nessuna decorazione può realmente celare. Mentre la società si aggrappa alle tradizioni natalizie come a un’ancora di salvezza, la realtà economica continua a erodere non solo il potere d’acquisto, ma anche lo spirito stesso del Natale.
In questo scenario, forse la vera sfida non è mantenere vivo lo spirito natalizio, ma trovare un nuovo modo di affrontare le festività che sia più onesto, sostenibile e inclusivo. Fino ad allora, il Natale rischia di rimanere solo una facciata luccicante su una realtà sempre più cupa.