Di Carmela Minenna
Sono gli ultimi palpiti di quello che sarebbe stato un qualunque 29 novembre a Bitonto. Le ombre si distendono sempre più lunghe sulla piazza e il cicaleccio dei ragazzini sfuma nei vicoli fino a perdersi nei tonfi di un paese che s’appressa ad addormentarsi. Soffia un vento presago d’inverno e carico di attese tradite…
Qualcosa non va come avrebbe dovuto.
Da porta Robustina arrivano suoni sinistri, grida confuse, voci si sovrappongono, ma, fra tutte, una si erge imperiosa: “Viva il re Francesco II”. I vicoli si rianimano, prendono vita e le piazze richiamano sempre più gente: i rioni Cicciovizzo, Annunziata, porta del Carmine, S.Andrea diventano teatri insurrezionali.
Al bagliore delle torce e dei lumi a petrolio i volti si fanno via via più netti. In testa a quella brulicante massa che accresce sempre più, c’è una tonaca, quella di Don Vito Nicola Frisone; gli prestano il fianco altri due chierici, gli alcantarini fra Pasquale da S.Lorenzo e fra Giuseppe da S.Teresa.
Le ’voci reazionarie e sediziose’ che inneggiano e pronunciano in coro il nome del re Francesco II sono quelle di Giovanni Nacci, Francesco Papagna, Domenico Calvano, Pasquale Nichile, Emanuele Paciullo, Giuseppe Caiati, Francesco Fanelli, Francesco Ventafridda, Francesco Vitone, Vincenzo Dibitetto, Domenico Ricapito e Riccardo Nichile.
E non è tutto: la manifestazione filoborbonica porta una firma femminile, anzi due. Ad animare il popolo al grido di “Viva Francesco II”, sul muro Porta Robustina, sono due donne, Angela Rosa Carbonara e Anna Lapenna.
Il quartier generale della sommossa viene ben presto individuato: si tratta della casa di Gaetano Cannito, residente in via S.Luca. Le truppe della Guardia Nazionale fanno irruzione il giorno dopo i fatti e vi scoprono “una bandiera di carta bianca attaccata ad un’asta della lunghezza di palmi sei e tre quarti e su di essa alla cima una coccarda rossa che apparteneva al caduto Governo e in sotto la legenda: Viva la Reale Bandiera del popolo basso. Evviva Francesco secondo con tutte le Reali Truppe”. In basso anche le iniziali G.C., a rimarcare la paternità del trofeo borbonico. Ma dell’uomo nessuna traccia.
Sono ore concitate, la polizia ordinaria si fa strada nella folla dei manifestanti. Nel giro di poche ore la sommossa è sedata. Quasi dieci gli arresti, tra cui quello di Francesco Ventafridda, detto ‘Finocchiello’ che, in ossequio al suo non invidiabile epiteto, nella concitazione del momento ricopre di insulti “chi si fosse fatto restio alle sue brave voglie”. Tutti sono condannati ad un anno di reclusione.
Le due donne finiscono dietro le sbarre soltanto per un mese. Stessa pena per Domenico Calvano che ha sobillato la folla marciando su e giù su strada S. Andrea a ritmo di tamburo.
Quanto al sacerdote Vito Nicola Frisone, prima arrestato perché “per le vicinanze di Porta Baresana eccitasse chi passava a gridare Viva Francesco II”, viene poi prosciolto; per lui nessuna incriminazione perché il fatto non sussiste. Non c’è luogo a procedere per il proprietario della bandiera, latitante.
Calano le tenebre sui tetti della città, le piazze sono risucchiate dal silenzio, le luci tornano a spegnersi nei vicoli di Bitonto, la città che, per una sera, diventa teatro di una controrivoluzione.
…
Era la sera del 29 novembre 1860. Erano trascorsi appena trenta giorni dal plebiscito delle province siciliane e mancavano solo una ventina di giorni al regio decreto che avrebbe formalizzato l’annessione dell’Italia meridionale al regno sabaudo: a Bitonto si leva una voce anacronistica, fuori dal coro, forse temeraria, sicuramente coraggiosa. Non l’unica, visto che nelle stesse ore momenti di concitazione si vivono in molte terre del sud, come a Cervinara, il comune avellinese noto per la rivolta dei ‘bambini borbonici’.
È la voce di una città che ancora aveva il coraggio di scendere in piazza; è la voce di uomini e di donne che ancora avevano l’ardire di prestare volti e voce per una causa, giusta o meno che fosse.
Oggi, 29 novembre 2024, un flebile ricordo del tempo e dei tempi che furono, monito per un presente che fa fatica a riconoscere le conquiste del passato… (il racconto dettagliato degli eventi è custodito nell’Archivio Storico Comunale di Bitonto, busta 366, cat. XV, fasc.13, cc.13-32).