Su questi diavoli di aggeggi di plastica, metallo e
schermi luminosi ci finisce tutta la nostra vita. Foto, numeri, contatti, bozze
di articoli da finire, promemoria: i nostri ricordi sono diventati celle di una
memoria volatile e liquida.
Talmente liquida che i miei sono finiti affogati in una
pozzanghera.
Proprio venerdì sera, durante quel folle acquazzone,
tra borsa, chiavi, ombrello, a sfuggirmi è stato proprio lo smartphone.
Evito i dettagli del panico più totale, della strada a
ritroso, ma neppure dopo un’oretta mi giunge un messaggio su Facebook: “Per caso sei tu la ragazza che ha perso il
cellulare?”.
In quei momenti ti passano davanti agli occhi – oltre all’esclamazione:
“ogni tanto un po’ di fortuna!” – decine e decine di notizie di cronaca nera legata a questa nostra città e pensi
che il seme della gentilezza e dell’onestà fiorisce in molti altri
concittadini.
Ebbene, Marica ed Enzo si sono presi cura del mio
telefonino e ieri mattina me l’hanno restituito.
Hanno raccontato che anche molti avventori dei locali
nei dintorni hanno detto che non era di loro proprietà.
Ci piace raccontare queste storie, non tanto per
mettere in piazza gli affari nostri, ma per far emergere tutto il buono di
Bitonto.
Se ci amassimo, e amassimo la città, ci sarebbe ancora
più bellezza.
Ha amato la città la signora di via Maggiore che ha scritto
su un foglietto di carta, su un portone, “Porci,
non buttate l’immondizia”, magari stanca delle buste buttate a casaccio e
non differenziata.
Ha amato la città il commerciante di via Repubblica che
ha decorato l’albero sul marciapiede con i ciclamini colorati.
Ha amato la città la signora in via Amedeo che ha addobbato
il balcone con fiori variopinti e in Corte Gentile dove spiccano piccole
rampicanti tra le pietre antiche.
E chissà quanti altri, come loro, ce ne sono in giro
per le strade di Bitonto che aiutano il prossimo senza chiedere nulla in
cambio.
Ci riconoscono sempre un grande cuore, non facciamolo
rinsecchire come una foglia d’autunno.