«Ha messo a repentaglio la vita delle persone, pazienti introducendo un animale randagio in una struttura sanitaria. Abbiamo agito nell’interesse dei nostri pazienti».
Replica così la cooperativa accusata dalle accuse di una dipendente che afferma di essere stata licenziata per aver salvato la vita ad un gattino durante il turno di lavoro. La dipendente si chiama Patrizia Antonino e ha denunciato a tutti gli organi di stampa la vicenda, annunciando il ricorso al licenziamento.
«La nostra è una struttura sanitaria. Non possono entrare gatti randagi, ma nella nostra struttura ci sono animali vaccinati, dotati di libretto sanitario, nel rispetto delle norme sanitarie vigenti. Non abbiamo agito in questo modo perche non ci piacciono i gatti» continuano ai nostri taccuini i responsabili della struttura che si occupa della cura di pazienti affetti dal morbo di Alzheimer. La presenza di un gatto non vaccinato, infatti, può costituire un pericolo nel caso in cui l’animale per un qualsiasi motivo, anche inavvertitamente, graffi o morda un paziente o un operatore della struttura.
La struttura accusa inoltre Antonino di aver anche introdotto l’animale su un mezzo non provvisto di nessun tipo di separazione necessario in un veicolo per trasportare un animale: «Non lo dico io ma lo dice la legge. E chiunque abbia un animale è a conoscenza dell’obbligo di trasporto in mezzi che abbiano delle sbarre, un divisorio».
È l’articolo 169 del codice della strada, che regola il trasporto di animali su veicoli a motore, infatti, a ribadire l’obbligo di trasportare animali domestici in gabbie o in macchine dotate di divisorio per separare l’ambiente di guida, in moLa storLdo che l’animale non costituisca intralcio alla guida.