In Puglia ormai è consolidato il principio che ci consente di parlare di mafie e non di mafia. Ciò in relazione alla lunghezza e alla vastità della regione che, non avendo mai avuto una criminalità organizzata unita, si è andata frastagliando a seconda della posizione geografica. In occasione del discorso d’inaugurazione dell’anno giudiziario 2019, il Procuratore Generale della Corte di Appello di Bari ha segnalato un moderato aumento dei procedimenti iscritti a quella Corte per i delitti di associazione di tipo mafioso.
Reati gravi che s’insinuano anche nella pubblica amministrazione. Ciò, anche grazie all’aggressività che da sempre è peculiare della mafia e, nel contempo, al livello di professionalità acquisito nel tempo. Il diffuso e sistematico rinvenimento di armi in tutta la Regione, parallelamente agli svariati, gravi fatti di sangue, fornisce ampia conferma del potenziale militare delle cosche pugliesi, che non si fanno scrupolo di sparare in pieno giorno nei centri cittadini e mietere vittime anche tra persone che nulla hanno a che fare con le dinamiche criminali locali, come accaduto nella nostra cittadina con la scomparsa dell’innocente Anna Rosa Tarantino.
Anche nel semestre in esame – da giugno a dicembre del 2018 – si sono registrate diverse sparatorie che, a Bari ad esempio, hanno colpito elementi di vertice di alcuni sodalizi, come il reggente del clan CAPRIATI. Sparatorie che sono indicative delle profonde fibrillazioni tra le cosche per il controllo del territorio. Il ricorso all’intimidazione e all’uso indiscriminato di armi ed esplosivi, anche nei confronti di funzionari dello Stato e di Enti locali, sia da parte della criminalità organizzata che della delinquenza comune – che culminerà, il 13 aprile 2019, nell’omicidio a Cagnano Varano-FG, del Maresciallo Maggiore dei Carabinieri Vincenzo Di Gennaro – , risultano anche sintomatici di un diffuso clima d’insofferenza verso le Istituzioni. Nella mafia foggiana, peraltro, sono riscontrate forme di emulazione dei “comportamenti” ‘ndranghetisti: analoghi rituali di affiliazione, ripartizione dei ruoli, qualifiche e gerarchie definite con il gergo tipico della criminalità calabrese.
Nella tendenziale disomogeneità che contraddistingue i diversi gruppi operanti nelle province pugliesi, si registra, a fattor comune, una elevata specializzazione nel traffico di sostanze stupefacenti ed in quello delle armi, nonché nel reimpiego delle risorse che questi mercati generano.
Nel traffico di stupefacenti e di armi, le mafie pugliesi hanno peraltro dimostrato una capacità di confrontarsi con altre organizzazioni mafiose più strutturate, ponendosi anche come punto di riferimento nell’ “erogazione di servizi” connessi al rifornimento e allo smistamento della droga e, per quanto attiene alle armi, nel renderle clandestine, settore quest’ultimo nel quale si è afferma la criminalità cerignolana.
Restano stretti collegamenti tra le compagini criminali pugliesi e quelle albanesi, ma anche territorio di transito per l’eroina proveniente dall’Asia centrale e dall’Afghanistan destinata al mercato dell’Europa occidentale. Per fronteggiare queste sinergie criminali tra gruppi italiani e albanesi, le Autorità dei due Paesi, coordinate da Eurojust, hanno avviato delle fruttuose collaborazioni giudiziarie a livello internazionale, anche attraverso la costituzione di “squadre investigative comuni”.
Il “cambiamento di passo” dei più consolidati clan pugliesi riguarda, peraltro, le attività di riciclaggio e le forme di reinvestimento dei proventi illeciti nell’economia legale. Tra le forme d’infiltrazione criminale nel comparto agroalimentare, si registra ancora la piaga del caporalato, riportata alla ribalta delle cronache dalle stragi della strada del 4 e del 6 agosto 2018, nelle quali hanno perso la vita 16 giovani braccianti africani.
Degna di nota, infine, è un’interdittiva antimafia emessa, dal Prefetto di Roma sulla base delle informazioni raccolte dal Gruppo Interforze Antimafia di Lecce, nei confronti di una società con sede legale nella Capitale ma operante prevalentemente nel territorio salentino. L’attività ispettiva, nel suo complesso, ha delineato un quadro indiziario tale da far ritenere che l’impresa sia stata, in maniera indiretta, strumento utile alla sacra corona unita sia per infiltrare la politica, attraverso le promesse di assunzione finalizzate all’acquisizione di consensi elettorali, sia per affermare ulteriormente l’egemonia sul territorio, accrescendone il controllo. Diverse attività investigative e pronunciamenti giudiziari – avvalorati dallo scioglimento per mafia, lo scorso semestre, di ben tre amministrazioni comunali – dimostrano come anche in diverse località pugliesi si sia oramai radicata un’area grigia, in cui si incontrano mafiosi, imprenditori, liberi professionisti e apparati della pubblica amministrazione.
Anche in carcere si sono registrate nuove affiliazioni, alleanze e deliberazioni di azioni criminali. In tali ambiti, ad esempio, vengono decise “a tavolino” e dispensate, attraverso “sfoglie e pizzini”, le direttrici operative della scu e sembrano rafforzarsi le relazioni tra detenuti appartenenti ad altre realtà criminali pugliesi o a differenti matrici mafiose.