di Donato Rossiello, Nico Fano
Rieccoci, scrivere un primo articolo di gennaio consente inevitabilmente di tracciare il solco delle prospettive future sulla scorta dei buoni propositi e intenti dell’anno appena concluso. Accade nel quotidiano, in vari ambiti tematici. Quanto mai in Borsa!
Le ultime settimane del 2023 sono state caratterizzate da un andamento positivo dei principali indici azionari e dalla discesa dei rendimenti obbligazionari, nonostante l’autunno teso: dai minimi di ottobre alle sedute di dicembre l’indice mondiale ha infatti guadagnato circa 15 punti percentuali; sull’altro versante il decennale USA dal 5% di rendimento ha raggiunto quota 3,8%, oppure il Bund tedesco dal 3% il 2,0%, ad esempio.
L’economia pare abbia mostrato un’insospettata tempra, una forza derivante con tutta probabilità dai flussi di spesa pubblica e i residui apporti dei sussidi post pandemia. L’inflazione ha iniziato quell’auspicata traiettoria discendente, senza ripercussioni (come si temeva agli albori) per la solidità del ciclo economico.
Il Bureau of Economic Analysis stima che il Prodotto Interno Lordo reale statunitense sia aumentato del +4,9% a/a nel terzo trimestre 2023 a fronte del +2,1% del secondo, un’accelerazione sostenuta dalla ripresa delle esportazioni unita all’ingente spesa per consumi e agli investimenti privati.
Malgrado la pressione inflazionistica resti elevata le variazioni nei prezzi ne evidenziano il rallentamento e le recenti proiezioni trimestrali suggeriscono lo scenario di soft landing (atterraggio morbido) verso l’obiettivo del 2%. Ora la Federal Reserve appare più possibilista circa l’eventualità di abbassamento dei tassi; il 12 e 13 dicembre per la terza riunione consecutiva la Banca Centrale USA lascia invariati i tassi di riferimento (al 5,25%-5,50%), dopo lo stringente percorso di ritocchi inaugurato a marzo 2022 – il quale ha determinato un incremento totale di ben 525 punti base.
Crescita debole in Europa ma appaiono incoraggianti i dati sulla tenuta dell’occupazione, salita di +1,3% nell’Eurozona e +1,2% nell’UE rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente. La BCE per la seconda volta di seguito conferma i tassi d’interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, di rifinanziamento marginale e sui depositi al 4,50%, 4,75% e 4% (dopo 450 punti base di rialzi complessivi). I funzionari prevedono intorno ai 250 bp di riduzione entro il 2026.
I recuperi dei mercati negli scampoli del 2023 alimentano le attese ottimistiche sull’avvio anticipato dei tagli. Il tormentone “higher for longer” ribadito più volte dai diversi governatori viene messo in discussione, sebbene trapeli ancora con estrema cautela dai comunicati istituzionali.