DI DAMIANO MAGGIO, SOCIOLOGO
Chiariamolo subito: negli ultimi anni l’attività di forze dell’ordine nella nostra città è stata massiccia ed ha consentito di sferrare duri colpi alla criminalità.
Lo Stato c’è, questo è fuori discussione ma fa molta fatica ad incontrare la complicità dei cittadini. L’omertà, è uno dei mali che affligge la nostra cultura: dai banchi di scuola tra gli studenti fino ai contesti lavorativi. Non mi interessa qui dividere le opinioni, non mi interessano gli schieramenti sul recente episodio che riguarda la latitanza del capo mafia Messina Denaro in questi lunghi e tristi 30 anni. Mi interessa invece condividere con voi l’unico antidoto (a mio avviso) perché di vergognosi ‘casi simili’ non ce ne siano più.
L’unico antidoto, non mi stancherò mai di ribadirlo, ancora una volta è l’educazione. Quando incontro genitori e docenti e parlo di bullismo, molti si stupiscono quando sostengo che la cosa che più alimenta il perpetuarsi del bullismo non è il fatto che esistano ragazzi prepotenti o violenti, non è il fatto che ci siano ragazzi fragili e vittime, ma è il fatto che ci siano gli astanti. Gli spettatori, quelli che vedono, sentono, sanno e non fanno nulla. In nome dell’omertà che autotutela. Se ci pensate, l’omertà è anche quella a cui vengono educate le giovani generazioni nei paesi ‘comandati’ dalla mafia perché, si sa, quella è più utile delle armi. L’omertà è quella che si vede ancora troppo spesso in tanti contesti, quando c’è il cartellino timbrato da un collega, ma che vuoi dirgli, mica vorrai fare il delatore? Quando c’è l’insegnante dell’aula accanto che urla, insulta o fa discriminazioni verso alcuni alunni ma che puoi fare, mica puoi denunciare una collega? Quando c’è un operatore che maltratta gli anziani in casa di riposo, impreca loro contro tutto il giorno, ma vabbè, cerchiamo almeno di non lasciarlo solo in turno, perché mica vorremo denunciarlo alla responsabile?
E invece, direi proprio di sì. Magari si cominciasse a rompere qualche centimetro dei muri di omertà che ancora stratificano la nostra società, dalla scuola al lavoro! Per noi adulti, cambiare certe “abitudini” la vedo un impresa titanica, ma a questi adulti, io dico, almeno di sforzarsi ad educare i loro figli a rompere il silenzio, perché l’unico silenzio utile nella vita è quello destinato all’ascolto dell’altro, o all’ascolto di sé. Quando invece il silenzio è quello subito, quello mosso dalla paura, dal timore di perdere la nostra tranquillità (un’illusione di tranquillità!), quando il silenzio è quello vigliacco del “io mi faccio i fatti miei”, allora dobbiamo ammetterlo che stiamo fallendo. Clamorosamente. L’omertà è la cosa che fa più male dentro le trame di certi film, che poi purtroppo è vita reale. Perché per ogni centimetro di omertà che riusciamo a combattere, per ogni centimetro di onestà che riusciamo a conquistare, ci sono vite che si salvano. Abbiamo una infinità di vicende come quella di Stefano Cucchi ad esempio, che è morto in una coltre di omertà. Allo stesso modo (l’accostamento è forte ma rende l’idea) ci sono tanti ragazzi nelle scuole che soffrono perché sono sistematicamente offesi, derisi, umiliati, aggrediti, perseguitati, nel silenzio di tutti. E a volte muoiono. E quando anche non si tolgono la vita, muoiono dentro. Lentamente.
C’è un deficit di empatia nella società di oggi, questo è evidente, facciamo tutti più fatica a metterci nei panni dell’altro. Perché dare attenzione all’altro implica fatica, perché per sentire come sta l’altro io mi devo decentrare, e quel cambio di prospettiva è un gesto intenzionale. Non posso più guardare solo i miei bisogni, se sono decentrato diventano prioritari e urgenti anche quelli dell’altro. La fantasia che mi faccio è che se almeno una delle persone che in questi anni ha incrociato lo sguardo di Messina Denaro avesse avuto più empatia e meno pregiudizio, più onestà e meno omertà, forse il suddetto sarebbe in carcere da tempo. Forse.
Se ci impegniamo ad educare di più i bambini e i ragazzi a praticare l’empatia, nelle scuole e in famiglia, avremo in futuro degli adulti migliori. Se ci impegniamo ad educare le nuove generazioni a coltivare l’onestà, quella vera, non solo quella del “proprio dovere” ma quella che risponde ad un’etica della responsabilità, avremo in futuro dei cittadini migliori. Se a bambini e ragazzi insegniamo che non vanno protetti quelli che sbagliano, ma vanno richiamati a rispondere delle loro azioni, stiamo donando loro un germe che li proteggerà a vita. Che permetterà loro, da adulti, di impedire il perpetuarsi di ingiustizie. Se insegniamo loro a non seguire solo il proprio tornaconto personale, avremo forse una società migliore, più trasparente, forse un po’ meno corrotta. Nel mondo ci saranno sempre persone che commettono azioni scorrette. L’unico modo per arginarle, e quindi paradossalmente anche per aiutarle, è rompere il silenzio. L’omertà è un brutto veleno nelle relazioni, ma un antidoto c’è.