Viviamo in un’epoca in cui la politica è interessata principalmente a combattere i sintomi della povertà, piuttosto che curarne le ragioni profonde. Da alcuni anni, ormai (meglio dire da alcuni governi fa), la solidarietà si è fatta reato e la caccia al povero è stata inaugurata. Questo è purtroppo il terreno su cui i nostri governanti riescono unicamente e unanimemente a rappresentare gli umori degli elettori (non dei cittadini, sia chiaro, ma degli elettori). Fomentare a livello sociale l’odio contro gli ultimi della nostra società è notoriamente una strategia per ribaltare la direzione del conflitto sociale, orientandolo non verso i più forti ma verso i più deboli, non contro chi sta in alto ma verso chi sta ancora più in basso. Ma davvero pensate che non facendo arrivare più i migranti abbiamo risolto “il problema dei problemi”? perché da come se ne parla sembra che sia così. Davvero pensate che se si recintano i parchetti e si tolgono le panchine da alcune zone della città, si risolva il problema dei senza fissa dimora? Che cos’è questo: il pensiero magico dell’ “occhio non vede, cuore non duole”? Per favore, siamo seri.
Una volta, il povero che era povero, non era difficile da individuare: era uno che non aveva un lavoro, uno che aveva problemi fisici o mentali (disabile), uno che aveva sbagliato e si portava cucito sulla pelle lo stigma di essere stato in carcere, l’ubriacone del quartiere… Oggi non è più così. Al giorno d’oggi non è per niente facile “capire” chi è in condizioni di povertà perché, per fare un esempio, oggi è povero anche chi un lavoro ce l’ha. O mi sbaglio?
Per tutti quei MOLTISSIMI che NON SANNO, perché non sono informati e quindi NON individuano correttamente chi sia il vero nemico, vorrei informare che chi è precipitato nelle condizioni di povertà, molto spesso non sa neanche la ragione VERA per la quale gli stia accadendo tutto questo.
Le famiglie in stato di povertà sono in costante aumento, non riescono quasi più a pagare gli affitti e probabilmente avranno serie difficoltà a riscaldare le case questo inverno. Ovviamente a farne maggiormente le spese (non è un gioco di parole) sono le famiglie con bambini piccoli, che più sono piccoli, più sono poveri.
Nei bilanci comunali, c’è una specifica voce legata agli interventi per i soggetti socialmente fragili. Tra questi ci sono diverse categorie di persone: dagli indigenti agli individui con un reddito basso. Il Comune di Bitonto spende oltre 3 milioni e mezzo per gli interventi di contrasto alla esclusione sociale ma pare non basti mai e aumenta di anno in anno perché a quelli già in carico, si vanno ad aggiungere i “nuovi poveri” che sono in costante aumento. Si tratta di una vera e propria emergenza che avrà enormi ripercussioni sullo stato di salute del Comune già nei prossimi mesi e così in avanti per i prossimi anni, perché sia chiaro, passeranno degli anni. Sarebbe opportuno individuare una task force dedicata che possa coordinare un piano d’azione con tutte le risorse pubbliche e non del territorio che, mettendosi in ascolto e riconosciuti i reali bisogni, razionalizzi l’organizzazione dei fondi superando i limiti organizzativi e burocratici in cui spesso e volentieri ci si imbatte e che non fanno che rallentare se non addirittura bloccare gli interventi che, ribadisco, sono assolutamente necessari e urgenti. Serve studiare soluzioni per agevolare l’inserimento o il reinserimento lavorativo: certo! Servono politiche per la casa: giusto! Ma serve soprattutto creare reti di solidarietà tra cittadini che (senza inventarsi niente) possano valorizzare l’esistente, mettersi in gioco e fare la loro piccola parte per il “Bene Comune”. Mi viene in mente il barbiere, il fruttivendolo, il medico o l’insegnante. Tutti, non solo il Comune o la Parrocchia. Tutti noi possiamo e dobbiamo collaborare ad affrontare questa grave crisi di cui non stiamo che assistendo alle prime ondate, ma che tra un po’ ci travolgerà come una bufera.