A poco più di due mesi dalla scomparsa, il Centro Ricerche e Studi Bitontini ha ricordato il professor Raffaele Licinio, con un convegno sulla sua figura e sui suoi studi sul medioevo pugliese, protagonista di molte delle sue ricerche.
Un ricordo dovuto anche alle collaborazioni tra il Centro e il docente morto lo scorso 4 febbraio, come sottolinea Vincenzo Robles, associato di storia contemporanea all’Università di Foggia, che ricorda, insieme all’assessore Rosa Calò, la sete di conoscenza che lo ha sempre contraddistinto.
«In occasione del 50esimo anniversario della costituzione del Centro Ricerche non potevamo non ricordare la memoria del professor Licinio» conferma Stefano Milillo, presidente del Centro, che ricorda uno dei convegni a cui prese parte, 30 anni fa, il docente di origini bitontine. Un incontro sul tema dell’età sveva e angioina nell’Italia meridionale, insieme a Felice Moretti.
«Licinio ha scritto diversi libri, prefazioni, postfazioni, voci di enciclopedia, negli ultimi anni si è aperto agli strumenti multimediali. La sua passione è stata sempre il Medioevo pugliese. Ma quale era la Puglia medievale che vien fuori dai suoi studi?» aggiunge Pasquale Cordasco, associato di Diplomatica all’Università degli Studi di Bari, ricordando la passione condivisa verso il cinema di fantascienza e la visione ideologica marxista che caratterizzava il professore: «Alla fine degli anni ’70 la Rai produsse tre volumi di altissimo valore divulgativo e Licinio intervenne con tre contributi sulla storia economica e sociale e sulla storia agraria della Puglia nel Medioevo. Argomenti sino ad allora poco studiati. Era molto attento agli aspetti sociali, anche perché affrontare quegli studi per Raffaele era anche un modo per mettere in pratica la dottrina marxista. Mentre le principali fonti storiografiche raccontano di imperatori, di potenti, da parte sua c’era sempre attenzione agli ultimi. Parlava dei pugliesi medievali come figli di una cultura a cui avevano contribuito diversi popoli. Era un ambiente in cui c’era un grande scambio di idee».
Ma, come ricorda ancora Cordasco, la Puglia Medievale era anche quella dei castelli, su cui Licinio ha fatto diverse ricerche: «Un sistema di castelli visto come strumento finalizzato al controllo del territorio e della popolazione, che doveva lavorare per mantenere quei luoghi per loro minacciosi. Lo studio su Castel del Monte deve essere considerato un testamento scientifico. Negli ultimi anni ha, inoltre, lottato contro stereotipi e luoghi comuni sul Medioevo e, in generale, sulla storia pugliese. Ha svecchiato studi e metodologie. La storia della Puglia deve molto a Raffaele Licinio. E noi tutti dobbiamo molto a lui».
«Anche grazie a lui, gli studi sulla storia rurale e agraria italiana sono cresciuti» continua Gabriella Piccinni, docente di storia medievale all’Università di Siena, sottolineando l’uso «larghissimo e raffinato» che Licinio faceva delle fonti, a partire dalla toponomastica, dai nomi dei paesi, che spesso indicano la presenza di piante nel territorio: «Sfruttava inventari, corredi delle doti e tanto altro».
E, tornando sulla visione politica, prosegue: «Coerentemente ad una visione marxista della realtà, vedeva le lotte contadine come vere e proprie lotte sociali. Studiava la società e i suoi conflitti, le sue dinamiche. Questo era per lui impegno civile e, da questo, deriva anche la sua lotta contro le banalizzazioni, contro gli stereotipi».