Per quanto riguarda i sindaci, i presidenti delle province, i presidenti delle giunte regionali, siamo, dal punto di vista del progresso democratico, avanzati, rinculando.
Per ovviare, alle continue crisi nel governo dei comuni, delle province, delle regioni, il legislatore pensò male di trasformare i sindaci, i presidenti delle province, delle regioni in autocrati, “podestà”, in veri “fabri” del destino, per 5 anni, tra l’altro, rinnovabili, di intere comunità.
I consiglieri delle tre assise? Ridotti a personaggi di contorno che, se non sono, non saranno rassegnati al loro ruolo di autentici “plif” (niente, nessuno), si sbracciano, si sbracceranno, magari; urlano, urleranno, magari; protestano, protesteranno, magari, “sed”, alla fine, conta, conterà ciò che tal abbaticchio, de caro, emiliano hanno, avranno deciso. Non parliamo, poi, dei componenti le giunte delle varie assise: se non sono o non si adattano ad interpretare la ”persona”, la maschera dei “signor sì”, con la scusa che le giunte devono essere compatte nel proseguire, diciamo, il loro lavoricchio, avendo, come mallevadrici, le impolitiche linee editoriali, dai “podestà di fatto” tracciate, vengono, verranno, immantinente, sostituiti col ritiro delle deleghe, dai ”podestà di fatto” loro affidate, assegnate.
Renzi aveva fiutato l’affare e aveva proposto, col “referendum”, recentemente, dagli italiettini, miracolosamente, rinsaviti, bocciato, di trasformare il presidente del consiglio dei ministri in una specie di “sindaco” dell’italietta. D’altra parte, egli fu presidente della provincia di firenze e sindaco del comune di firenze, in aggiunta, fu presidente del consiglio dei ministri, e riteneva, il furbacchione, più gratificante impersonare il “podesta” in una qualsivoglia istituzione, che a un personaggio politico capitasse, capiti di occupare, senza lacci e laccioli, che il presidente di/in una qualsivoglia istituzione, frenato da contrappesi istituzionali nella voglia di strafare; di cambiare a “truc” (per modo di dire); di piacere ai sudditi e di compiacere i servi. Per esempio, mentre a un tal abbaticchio qualsiasi è concessa la facoltà di privare, a suo piacimento, i suoi assessori delle deleghe, da lui loro concesse; a un qualsiasi presidente del consiglio dei ministri non è permesso dimissionare un suo ministro, dimostratosi, magari, incapace o indegno di/nel ricoprire l’alto ruolo di costituzionale servitore dello stato.
Fu codesto impedimento un grande cruccio di berlusconi e renzi, il suo clone, tentò, senza successo, di vendicare l’originale. Morale della favola: E’ Questione di Uomini! Quanti ominicchi “sine cerebro” pretesero di essere i capi, posando solo il culo sui cadreghini comunali, provinciali, regionali? Ad esempio, per la loro inettitudine molti sindaci in passato si squagliavano ad ogni cambio di stagione; ad onta della libidine da “omuncoli soli al comando”, molti sindaci, da parecchi anni ad oggi e a domani, sono rimasti, rimangono, rimarranno sul loro scranno, finché la legge glielo permetterà e l’inconsapevolezza degli elettori attivi, si fa per dire! Tanto che automatico nella plebe l’adagio: ”Stavamo meglio, quando stavamo peggio” fu, è, sarà inevitabile! Giorgio La Pira Fu Sindaco di Firenze, senza avere i poteri di “podestà” in due periodi: dal 1951 al 1957; dal 1961 al 1965. Lasciò la Sindacatura per sua libera Scelta; Giuseppe Dozza Fu, semplicemente, il Sindaco, non il “podestà” di Bologna per 21 anni: dal 1945 al 1965; Domenico Saracino nel 1956 Fu Eletto Consigliere alla Provincia di Bari; nel 1962 Fu Eletto Sindaco di Bitonto e, senza avere i poteri di “podestà”, Svolse tutto il suo Mandato fino al 1966. Risultando il più Votato nelle successive Amministrative, Fu, nuovamente, Eletto Sindaco dal Consiglio Comunale, ma Egli Rifiutò e Rimase Consigliere Comunale per altri due Mandati. I miei 25 Lettori Immaginino la siderale distanza tra La Pira e renzi o nardella; tra Dozza e il macellaio forzista, che per qualche tempo Lo sostituì; tra Domenico Saracino e tal abbaticchio. La Pira, Dozza, Saracino, non insostituibili per legge, o per i poteri loro attribuiti dalla legge; ma per il Carisma, l’Autorevolezza (da “Augeo”: la Capacità di Fare Crescere il Prossimo, una Comunità, piccola o grande che sia) che Si Esprimevano dalle loro Storie, dalle loro Azioni, dai loro Gesti, dalle loro Parole, dalla loro Cultura, dai loro Studi, dal loro Studio per la “Polis”.
Costoro Furono Sindaci, per molto tempo, in tempi in cui le maggioranze, che supportavano i capi delle amministrazioni comunali, provinciali, regionali, si sfaldavano ad ogni colpo di favore che essi non volevano, non potevano soddisfare a cricche di faccendieri, intruppate in esse. Costoro Furono Sindaci, per molto tempo, senza poteri che li blindassero al “potere”, perché tutti, non amici, né avversari, i Cittadini erano Illuminati dalla loro “Gnegnuu” (in Lingua bitontina: da “gigno”: il cervello, l’Intelletto, che l’Uomo Genera o Rigenera, ché egli, non soltanto, è, biologicamente, figlio di qualcuno, ma Può, anche, Avere una Filiazione Intellettuale, Culturale, Spirituale, Ideologica da un Padre Diverso da quello biologico) e Ne Secondavano la Politica, la Redenzione, l’Emancipazione di Essa. Nicola Pice, invece, per 10 anni ebbe i poteri di ”podestà”, ma Usò la ”Gnegnuu” nel Fare il Sindaco; non fu fattore in bitonto di acerrima contrapposizione tra guelfi e ghibellini; Fu il Sindaco Gentile e Gentili Furono le Opere, alla cui Realizzazione S’Impegnò, Sperando (ahimè, vana Speme!) di Far Gentile il suo popolo.
A proposito di tal abbaticchio, mercoledì 26 luglio 2017, sono stati, finalmente, proclamati nell’aula consiliare di ”palazzo gentile” i 24 consiglieri della nuova massima assise comunale e, finalmente, da tal abbaticchio sono stati dati alla stampa i nomi e i cognomi delle “persone” (Ripeto che la legislazione, attribuendo, purtroppo, ai sindaci, ai presidenti delle province, ai governatori delle regioni i poteri dei “podestà, inevitabilmente, riduce gli assessori ad essere, latinamente, delle “persone”, cioè delle “maschere”) che saranno i suoi collaboratori, al massimo, ascoltati.
Ovviamente, il fido mangini non poteva mancare, anzi, tal abbaticchio ha premiato la di lui incrollabile costanza nell’ inseguirlo, ovunque, ma proprio ovunque, egli si recasse, si rechi, agito da qualsiasi bisogno, elargendogli l’importante delega alla pizzardoneria locale. Certo, per uno che definì su “facebook”, traendo l’”imput” del suo grugnire dalla pancia dei destroidi (ma la giunta di tal abbaticchio non s’è autodefinita di un centrosinistra più incisivo di quello canonico?), i “ragazzi a rischio” “sterco”, è stata automatica la promozione, addirittura, sul campo di una innegabile “apartheid” sociale. Il cronista del “dabitonto.com” ha virgolettato nel suo “reportage” sulla cerimonia di proclamazione dei nuovi consiglieri comunali, una frase di tal abbaticchio, che potremmo includere, come significativo verso, in quella “abbaticchieide”, ”in fieri” da 5 anni fa e che vedrà la sua compiutezza fra 5 anni. Insomma, tal abbaticchio, prendendo la parola, si fa per dire, durante la cerimonia, di cui sopra, si sarebbe augurato di ”trovare un consiglio comunale in cui ci sia un lascito di idee per degli interventi svolti nell’ottica della città”. Frase, assolutamente, semanticamente, sconnessa.
Eppure, avevo in altro mio Scritto Consigliato a tal abbaticchio di pescare tra le “risorse umane” del comune di bitonto qualche funzionario che gli potesse, gli possa scrivere i suoi interventi pubblici in bitonto e oltre. Così, essendo la Retorica, cioè, l’Arte di Scrivere e di Parlare bene, non affare suo, eviterebbe tal abbaticchio di fare brutte figure. Ancora, in altro mio Scritto, avevo Insegnato a tal abbaticchio che, se in Politica si vuol essere Precisi, bisognerebbe evitare di far riferimento alle Istituzioni nella loro astrattezza: non, quindi, la città, il governo, il consiglio comunale interessano, sebbene gli uomini in carne ed ossa, che le compongono, che le vivono, che per per/in esse operano.
Pertanto, o tal abbaticchio, non si “trova il consiglio comunale”, come un biglietto da 50 euro per strada, ma S’Incontrano i Consiglieri Comunali, che hanno un Nome e Cognome; con Essi Si Discute; con Essi Si Vagliano, Si Selezionano le Idee più acconce per risolvere i problemi, non della città, ma dei cittadini, degli Ultimi tra loro, specialmente, ché non siano più tali, per distrarLi dal pericolo che un qualunque mangini si tolga lo sfizio di appellarLi “sterco”. Inoltre, “lascito di idee” in favore di chi, di cosa? E gli interventi “si svolgono”? O si predispongono o si progettano o si ipotizzano o si attuano o si realizzano? E l’”ottica” si deve intendere che tutto deve essere fatto, tenendo conto del punto di vista dei cittadini o dei loro bisogni? Infine, il “lascito”, tu parli di “lascito”. E’ vero codesto sostantivo può spaziare tra numerosissimi significati traslati, ma è indubitabile che la semanticità letterale, primaria di esso è: “Attribuzione testamentaria di un bene a un ente o a una persona diversa dagli eredi”.
O tal abbaticchio, allora, gli interventi “svolti”, ispirati dalle Idee dei Consiglieri Comunali, non avrebbero il loro naturale approdo ai cittadini bitontini! E a chi, altrimenti? Freud Direbbe che il ”busillis” si potrebbe dirimere, chiamando in causa il “lapsus linguae” in cui è nascosto, ciò che, comunque, è stato rimosso nell’inconscio. Per finire, dal momento che usi la parola ”lascito”, ebbene, chi ha deciso, decide i “lasciti” sono i morenti o i morti.
Ti aspetti, speri, forse, di trovare un consiglio comunale composto di morenti o di morti? Altolà, o tal abbaticchio, va’ in convento di santa teresa!