Era esattamente il primo pomeriggio di diciannove anni fa.
Nella calura canicolare di una primavera che sapeva di estate, ma stava per schiudere un invincibile autunno nel cuore, fu ritrovato il corpicino di Maria Mirabela Rafailà. Un muretto a secco tutto sconnesso fu il suo sepolcro. La sua bara, una brandina ripiegata, un materasso di gommapiuma fatto a pezzi ed un macigno che le spaccava la spalla e il cuore. Piccola mummia di dolore, il capino era legato al collo da un fragile filo di pelle. Era scomparsa mesi prima mentre chiedeva l’elemosina al semaforo all’incrocio della statale 98 con la via che portava a Palo del Colle: scena che non esiste più, ormai, sostituita com’è da una spirale d’asfalto.
No, non si può dimenticare una tragedia così. Non può finire tutto in un vortice di nulla e indifferenza. È accaduto a Bitonto, nella nostra città. E due decenni sono passati avviluppati in un tacito manto ancor più omicida.
Abbiamo ricostruito le indagini tutte un po’ stortignaccole e strambe, intercettazioni tradotte alla carlona, gente che entrava e usciva dalla galera, compresi i genitori della piccola rom. Finanche la coraggiosa e celebre trasmissione “Chi l’ha visto” fece la sua parte. Fino all’epilogo più assurdo e inaccettabile per un delitto: compiuto sì, ma da nessuno.
A sigillare tristemente tutto, l’implacabile tormento nell’anima del magistrato di quei giorni e oggi scrittore affermato: Gianrico Carofiglio. Che – ha confessato ad Aldo Cazzullo del Corriere della sera – continua ad avere un sospetto che non lo abbandona.
Siamo andati a trovare la famiglia della bimba uccisa, in un campo aggrappato su un terreno scosceso. Siamo entrati in una ferita che ancora sanguina. Una sorella che ha avuto il coraggio di parlarci, un’altra ancora tutta chiusa in una nuvola di oscuro dolore, una madre murata dietro un silenzio ostinato, un padre che è lontano per non sentire il peso della lacerazione. Abbiamo raccontato questa storia disseminata di zone d’ombra e inestricabili misteri. Perché verità e giustizia ancora latitano. E perché nessuno può e deve dimenticare la piccola Maria Mirabela Rafailà.
Lo dobbiamo a lei, che ora è un angioletto bellissimo e di lassù ci guarda tutti…