DI DAMIANO MAGGIO, SOCIOLOGO
Stiamo vivendo un tempo molto buio, caratterizzato da forti spinte individualistiche, dalla ricerca di soluzioni personali anche a problemi che poi sono collettivi. È la sublimazione dell’egoismo, e del mors tua vita mea. È il graduale abbandono della vita pubblica, testimoniato dalle sempre più alte percentuali di astensionismo elettorale, una presa di distanza dalla COMUNITA’ e dalle questioni di interesse collettivo. Si abbandona la sfera pubblica per rinchiudersi in soddisfazioni individuali. C’erano una volta i partiti, che portavano le istanze dal popolo nelle aule del Parlamento, ma che oggi sono al minimo della credibilità e della rappresentanza. La delega, riconosciamolo, non sempre ha funzionato, degenerando spesso in metodi clientelari o corrotti, partorendo una “casta” che fa il proprio interesse e non si cura del bene comune. Poi, specie al sud, questo sistema ha attraversato molte trasformazioni sfociando nel sistema mafioso e camorristico che ha mantenuto grosse fette di popolazione nella paura e nell’isolamento. Ma proprio e per fortuna, in questo momento di crisi, ci sono paradossalmente tante “buone pratiche politiche” esercitate dalla società civile organizzata, perché non bisogna mai dimenticarselo che la cosiddetta società civile, la cittadinanza attiva, è espressione della Politica con la P maiuscola. Nella nostra città non mancano affatto esperienze di “attivismo” ma solo poche riescono a decollare e questo avviene per svariate ragioni. Intanto per essere cittadini attivi, prima bisogna informarsi, poi approfondire, e solo dopo si può creare piena partecipazione, altrimenti si cade nel confusionismo sociale o negli sfogatoi che alleggeriscono un po’ le tensioni ma non risolvono i problemi. L’informazione attraverso internet oramai è alla portata di tutti coloro che vogliano acquisirla, ma questo non basta, bisogna uscire di casa e verificare se nel proprio quartiere, palazzo, scuola ecc. è possibile realizzare quell’iniziativa su cui si sono prese informazioni. I progetti o le iniziative di cittadinanza attiva devono avere come obiettivo primario quello di stimolare le persone a pensare, parlare, esprimere e discutere di opinioni, idee, cambiamenti. Ma anche porsi domande sulle cause dei problemi, proporre soluzioni, dialogare. Ecco la parolina magica: DIALOGARE: dialogare con le istituzioni (che si devono porre in ascolto), con i tecnici competenti (che devono essere aperti e disponibili), con gli abitanti del quartiere o i vicini di casa o colleghi di scuola. Non dimentichiamoci che questo tipo di dinamiche, oggi, possono svilupparsi (o potenziarsi) grazie all’utilizzo dei canali social, in cui si possono facilmente organizzare iniziative civiche, proporre eventi, sondaggi, condividere le dirette degli interventi e, in generale, tutto ciò che può coinvolgere le persone nelle politiche e nella prassi della vita cittadina. Solo su queste basi ci può essere partecipazione effettiva ed efficace e ottenere quei risultati che sono il vero cambiamento sociale e politico. È chiaro che la fatica non è poca, ma i risultati ci sono e la qualità della vita, oltre che della politica, cambia notevolmente. Del resto aveva ragione don Lorenzo Milani quando spiegava con semplicità che se abbiamo un problema in comune e cerchiamo di uscirne da soli, si chiama “egoismo”, se cerchiamo di uscirne insieme si chiama “la politica”.