Dall’affezionato lettore Vincenzo Lisi riceviamo e pubblichiamo.
“C’era una volta un mestiere che somigliava ad un’arte lucente, che tanto lustro ha dato alla nostra città nel corso dei secoli.
La esercitavano i cosiddetti maestri scalpellini, coloro che lavoravano la pietra saggiandone l’anima. Uno di questi eroi era mio nonno, Bartolomeo Stellacci, spentosi due giorni fa, uomo eccezionale, dignitoso, schivo e pur affettuoso, uno degli ultimi insigni esemplari di questa straordinaria professione.
Ha carezzato, sfiorato, scolpito pietre ovunque, creando fregi, rifiniture, piccoli grandi capolavori tutte le volte che operava.
Hanno avuto il suo tocco fatato il pavimento della Cattedrale di Bitonto e il lungomare di Bari, quando noi bitontini insegnavamo ai baresi i segreti dell’eccellenza.
Questi operai della cava, capaci di tagliare la pietra e smussarla con lo scalpello per costruire opere in serie, erano in realtà artisti autentici, in grado di indovinare la bellezza persino laddove non appariva.
Un’arte che, pian piano, è andata scomparendo, perché i suoi protagonisti, gradualmente e inesorabilmente, non ci sono più.
Ma resta nell’eternità della pietra il dono della loro grazia, proprio come accadrà a mio nonno Bartolomeo, uomo d’altri tempi, decisamente più belli…”.