Marco è uno dei dieci casi Covid registrati a Bitonto nelle scorse ore, ma la sua storia ha dell’incredibile. Una vicenda che lascia senza parole, da cui emerge il grande senso di responsabilità manifestato purtroppo solo da lui e dalla sua famiglia.
È lui stesso a raccontarci e documentarci la sua disavventura.
Tutto ha inizio il 12 ottobre quando scopre di essere venuto a contatto, una settimana prima, con un positivo.
«Io, mia moglie e mio figlio di appena 3 anni ci chiudiamo subito in casa e chiamo il medico curante. Avvio così la procedura per la richiesta di tampone, a cui, teoricamente, dovrei essere sottoposto entro 72 ore. Anche mia moglie informa il suo medico e il pediatra di nostro figlio, ma in quel momento riceviamo già la prima notizia sconcertante: loro, non avendo avuto contatti diretti con il positivo e non avendo nessuno di noi sintomi, non sono obbligati a quarantena».
Secondo la procedura, insomma, entrambi possono continuare ad uscire. Suo figlio, addirittura, può continuare a frequentare la scuola dell’infanzia.
«Per l’ASL è sufficiente che usino anche in casa le mascherine e che limitino i contatti con me – spiega Marco -. Ci è sembrata subito un’assurdità, anche perché sino al giorno precedente, non sospettando nulla, non avevamo preso questo tipo di precauzioni tra di noi. Decidiamo quindi di far prevalere il nostro buon senso e di chiuderci tutti in casa. Avvisiamo anche l’asilo che, comprendendo la situazione, ci comunica che per il rientro basterà solo il certificato della mia negatività».
I giorni passano, fortunatamente senza che nessuno di loro accusi sintomi, ma dall’ASL non arriva nessuna convocazione per il tampone.
«Chiamo ogni giorno il medico di base, il numero verde regionale, mando un messaggio persino al governatore Michele Emiliano, ma da tutti incasso solo la promessa che solleciteranno. Persino i tamponi a pagamento mi sono negati, in quanto, essendo segnalato all’ASL, non posso usufruire di questo servizio».
Poi un giorno, arriva una comunicazione: «Dall’ASL mi informano che essendo trascorsi più di 14 giorni dal mio contatto con il positivo, e non avendo accusato nessun malessere, posso ritenermi libero anche senza sottopormi a tampone. Rispondo che, giustamente, l’asilo di mio figlio lo pretende, ma a loro non interessa. Mi suggeriscono di contattare il pediatra e richiedere un tampone direttamente per mio figlio».
«Resto sconvolto e già immagino che anche la procedura suo mio figlio cadrà nel vuoto come la mia, a maggior ragione perché lui non ha mai avuto contatti con positivi accertati».
La soluzione però arriva direttamente da facebook. «La sera prima, Michele Emiliano aveva annunciato con un video la possibilità di fare un tampone al costo di 80 euro in uno dei centri accreditati. Tra l’altro, essendo finalmente libero dalla procedura ASL, posso farlo tranquillamente».
Il nostro concittadino chiama dunque tutti i centri della zona, segnalati dal governatore. «Alcuni avevano il telefono staccato, ad altri squillava a vuoto o rispondeva il centralino. Dopo ore, finalmente riesco a prenotare il mio tampone al drive through di un centro a 40 km da Bitonto. È lontano, ma non importa, perché riescono a farlo già il giorno dopo».
Venerdì scorso, di buon mattino, quindi, Marco parte con la sua auto e si mette in coda. «Mi comunicano che il tampone in realtà mi costerà 107 euro. Alla tariffa regionale, si devono applicare alcune tasse. Resto di stucco, ma non ho voglia di discutere ancora. Pago e faccio il mio tampone. Il risultato mi arriverà entro 24 ore e finalmente potrò mettermi alle spalle questa situazione».
Già in serata, però, la brutta notizia. «Ricevo via mail il referto e mi crolla il mondo addosso: sono positivo. Chiamo subito il medico di base ma mi comunica che l’ambulatorio è ormai chiuso e non è possibile avviare la procedura sino al lunedì».
Lo stesso vale anche per il resto della famiglia, ora obbligata veramente alla quarantena.
«Mi sembra un’assurdità, ma anche il numero verde regionale conferma. Non solo. La centralinista mi “tranquillizza” dicendomi che avviare la procedura qualche giorno più tardi, non cambierà nulla. I tamponi sono pochi e bisognerà attendere tanto tempo per poterci sottoporre».
E in effetti, la sua versione è confermata qualche giorno più tardi. «Lunedì, dopo aver aperto la procedura, mi hanno comunicato che non è detto che mi faranno mai un secondo tampone, ma dopo 21 giorni potrò tornare libero. Lo stesso varrà per i miei familiari».
«Sono davvero sconcertato e sfiduciato da questo sistema» ci rivela Marco, che da giorni convive con queste domande: «Se non avessi avuto la possibilità e la necessità di sottopormi a tampone privatamente, quante persone avrei potuto inconsapevolmente contagiare? E se mia moglie e mio figlio fossero anche loro positivi asintomatici e non si fossero isolati, quanti casi avremmo registrato in più a Bitonto? Quanti compagni di scuola di mio figlio ora sarebbero positivi e avrebbero potuto diffondere il virus alle loro famiglie?».