E’ notte, la notte infante dei primi rintocchi delle stanche campane, la notte del pellegrinaggio verso il Santuario dei Santi Medici a Bitonto.
Sul sagrato dell’Addolorata a Mariotto, i fedeli s’adunano, arringati da un vecchio stendardo e da un’avemmaria, come un piccolo esercito armato di fede e speranza.
E della devozione, che più conta, il vero abbrivio di un atto d’amore e ossequio qual è il pellegrinaggio notturno, a piedi, lungo la strada serpeggiante nell’oscura, misteriosa campagna di ulivi.
La devozione come collante, silenziosa forza e umile suggestione, capace di vincere ogni umana ritrosia in quel suo essere ad un tempo credo, deferenza, speranza.
Si parte di buona lena, quando non è manco l’una e mezza, scambiandosi mezze parole laddove prevale il contegno, una sensazione di piacevole religiosità che apre ai pellegrini un varco nella silenziosa notte.
L’incedere cadenzato ha la leggerezza del sogno d’estate e la solennità del rosario recitato da don Emanuele Spano. C’è chi stringe la filza di grani nella mano e chi prega a testa bassa per meglio assecondare la camminata. Due anziane si tengono a braccetto e accompagnano, sognanti, le nenie intonate da Pasquale D’Amato, devotissimo dei Martiri Cosma e Damiano.
Ogni passo è un’invocazione mariana, un afflato di santità che si spande nella rorida notte mariottana, quando si è ormai in piena campagna, sotto l’egida di stelle baluginanti che punteggiano il buio.
L’imponente quercia, sul ciglio della strada, sembra destarsi al passaggio dei pellegrini, mentre sfila, dolcemente sferzata dal vento, l’amorevole vigna che con amore di madre si è donata ai suoi figli.
Si attraversa Palombaio, i cui flebili bagliori delle sparute luci ammantano di mestizia le case dormienti, come nel più incantato dei presepi. Antiche ville s’illuminano, appena fuori l’abitato, prima che si torni al buio, in compagnia dei vegliardi ulivi.
“Evviva I Santi Cos-ma-e-Da-mia’, beato quel tesoro che-avete-in-man…” Le invocazioni di Pasquale si reiterano, squarciando il silenzio lungo la strada per Bitonto. La chiesetta di S. Maria delle Grazie, così delicata in quella sua antica compostezza, diventa l’occasione di una pausa opportuna, prima di entrare in Bitonto. Qui un gruppo di palmaristi si unisce ai mariottani.
Bitonto è là, il suo luccichio è ormai alle viste, un brivido di freddo s’accompagna al primo sentore di stanchezza, frutto di una notte insonne. Taluni s’affacciano alle finestre, incuriositi dai canti devoti. Per le vie della città è un via-vai di furgoncini. Si sistemano, in un rispettoso silenzio, le numerose bancarelle, e i bar sono già aperti mentre il Santuario si profila davanti a noi. Sono le 5 del mattino. Don Emanuele ci invita ad entrare, e Pasquale canta a squarciagola, visibilmente emozionato, in chiesa, lungo la navata centrale, entro cui sfila lo stendardo dell’Addolorata di Mariotto.
Un paese intero, nei volti e nelle speranze dei suoi pellegrini si presenta al cospetto dei SS. Medici, invocando per tutti il bisogno di benessere e salute.
Inizia la Santa Messa. Padre, Figlio e Spirito Santo…