Il giorno da segnare sul calendario è quello di martedì 27 aprile.
Il Tribunale amministrativo pugliese, infatti, si riunirà per discutere il ricorso presentato dal comitato “No inceneritore” per l’annullamento delle autorizzazioni ambientali rilasciate dalla Regione Puglia alla NEWO S.p.A. per realizzare un inceneritore a ossicombustione di rifiuti urbani e speciali nella zona Asi di Modugno, in territorio di Bari, a due passi dal quartiere san Paolo.
Impianto, quindi, che – se autorizzato – avrà ripercussioni sulla vita e sulla salute di tutti i Comuni limitrofi, leggasi Bitonto, Palo del Colle, Bitetto e altri.
La vicenda non è nuova, ovviamente, perché è stata oggetto di dibattito anche in città nel 2018, tanto che a maggio dello stesso anno da Palazzo Gentile avevano inoltrato ricorso straordinario al presidente della Repubblica Sergio Mattarella “per evitare – si legge – lo scadere dei termini di legge per impugnare il provvedimento di autorizzazione e rappresenta un atto dovuto, in quanto è nostro imprescindibile e legittimo interesse tutelare in ogni modo l’ambiente e la salute dei cittadini” (clicca qui per articolo https://bit.ly/32hs20s). Dal Comune, quindi, costituitosi come parte lesa, hanno lamentato il provvedimento dirigenziale regionale con il quale è stato espresso giudizio favorevole di compatibilità ambientale per il progetto.
Nel frattempo, purtroppo forse troppo in silenzio, la vicenda è andata avanti e il rischio di un’altra bomba ambientale a due passi dal nostro territorio è tutt’altro che svanito.
La battaglia del Comitato e la raccolta firme. Con occhi e orecchie sempre aperte è stato, invece, il comitato “No inceneritore” (rappresentante legale è Corsina Depalo, vicepresidente Tino Ferrulli, difeso in giudizio dall’avvocato Luigi Campanale), nato nel 2018 in seguito alle iniziative di protesta pubbliche che hanno raccolto le adesioni di un vasto territorio dell’hinterland barese, per fermare la realizzazione dell’impianto (unico al mondo), basato su una tecnologia ITEA da tempo in fase di sperimentazione, ancora non conclusa ma intanto oggetto di valutazione non positiva da parte di ARPA Puglia che ne ha sconsigliato la prosecuzione già nel 2017.
“Abbiamo appreso – si legge in una nota di qualche giorno fa -, da documenti depositati in giudizio dalla NEWO, che la Regione Puglia, con un atto autocratico, ha ritenuto che le modifiche progettuali dell’impianto di incenerimento non siano sostanziali, riguardando “l’attuazione e la compliance del progetto alle nuove BAT, in quanto tali rappresentano tutti interventi finalizzati a migliorare il rendimento e le prestazioni ambientali. Pertanto, non ritenendo “sostanziali ai fini VIA. Le modifiche progettuali proposte dalla società NEWO S.p.a.” non assoggettate alla procedura di verifica di assoggettabilità a VIA e/o VIA…”.
Per questo, allora, “la determina dirigenziale, in quanto tale, merita di essere impugnata per evidenti vizi procedimentali, quali l’eccesso di potere per omessa e carente istruttoria, violazione del giusto procedimento, violazione e/o falsa applicazione della direttiva comunitaria 2008/98/CE, che, tra le altre cose, impone, in materia di incenerimento, una istruttoria di carattere tecnico e scientifico, esperita in contraddittorio con le popolazioni rappresentate dai sindaci dei Comuni interessati dall’impianto”.
Nel frattempo, nelle ultime ore, più di 3mila persone hanno risposto alla petizione ad hoc lanciata proprio dal vicepresidente del Comitato, Tino Ferrulli, che è anche presidente del comitato “Pro ambiente Modugno”, ribadendo il “no” all’impianto.
“Inquinamento su inquinamento”. Un secco diniego all’inceneritore arriva anche da Agostino Di Ciaula, medico ambientale dell’International society of Doctors for environment, l’Isde.
“Se mai dovesse essere realizzato, l’impianto NEWO si collocherebbe in un’area densamente urbanizzata – spiega – già gravata da contaminazioni di suolo e falde acquifere, dove ci sono concentrazioni atmosferiche di particolato che negli ultimi anni sono state costantemente superiori ai limiti consigliati dall’OMS e nella quale vengono emessi inquinanti (ad es. metalli pesanti) che non sono mai stati adeguatamente monitorati. Anziché bonificare l’area o almeno ridurre il carico di sorgenti inquinanti su essa, si aggiungerebbe inquinamento a inquinamento. Un impianto di incenerimento sarebbe assolutamente inutile e dannoso in termini di gestione sostenibile dei rifiuti e di economia circolare, come più volte stabilito dalla commissione europea – conclude – Devierebbe i flussi di rifiuti dal recupero reale di materia. Devierebbe anche le ingenti risorse economiche pubbliche che la Regione ha deciso di destinare a questo progetto da destinazioni più legittimamente adeguate e sostenibili”.