A Bari il nome di Peppino
Fazio è il nome di un uomo che non ha mai smesso di lottare.
Da 15 anni combatte la mafia, cerca ancora una speranza, una
rivincita per alla criminalità che ha portato via la cosa più preziosa che
avesse al mondo: suo figlio Michele.
Era il 12 luglio del 2001. All’apparenza un giorno come
tanti tra i vicoli di Bari vecchia. Vicoli dimenticati, temuti, malfamati, ma
abitati da tanta gente perbene. Michele, un ragazzo di appena 16 anni, tornava
a casa sua, dopo una giornata di lavoro come barista, quando, all’improvviso,
un proiettile lo colpì mortalmente alla nuca. Lungo quel tragitto, percorso
abitualmente, alcuni esponenti del clan Capriati, ragazzi poco più grandi di
Michele, avevano deciso di vendicare l’uccisione di Francesco Capriati,
assassinato due settimane prima, colpendo un esponente a caso del clan
Strisciuglio, responsabile dell’agguato. E così, il commando, dopo aver
avvistato la vittima designata, fece fuoco. Tra i due litiganti, a pagare il
prezzo più alto fu Michele. Cadde a terra esanime, ucciso per errore in una
guerra a lui estranea. Assassinato da chi considera la morte di innocenti
un’eventualità da mettere in conto, poco più che un danno collaterale.
Un destino che, meno di due anni dopo, toccherà ad un altro
ragazzo barese, ancor più giovane: il 15enne Gaetano Marchitelli.
Ma il dolore per l’assurda perdita del figlio non ha
sopraffatto il signor Peppino che, insieme a sua moglie Lella, ha iniziato da
quel giorno la propria lotta alla criminalità, diventando un punto di
riferimento per Bari e non solo nella promozione della legalità. Una lotta
coraggiosa, non violenta, combattuta con le sole armi dell’amore verso Michele
e della speranza che quella tragedia non si ripeta. Una lotta che li ha portati
persino a perdonare, dopo uno scambio epistolare, uno dei responsabili.
Una vera lotta tra clan, i Capriati e gli Strisciugli, che
portò all’uccisione dell’esecutore materiale del delitto, nel 2003, di Leonardo
Ungredda in un agguato sul lungomare di Bari.
Furono condannati Francesco Annoscia (15 anni e 8 mesi di
carcere), che ha già scontato la pena, e Raffaele Capriati (17 anni di
reclusione); lo scorso 28 giugno, in esecuzione di una condanna definitiva a 7 anni
e 6 mesi di carcere è stato arrestato il terzo componente del commando che il
12 luglio 2001 uccise per errore il piccolo Michele Fazio. Michele Portoghese, oggi 31enne, aveva 16 anni la
sera dell’omicidio e guidava uno dei due scooter usati per compiere l’agguato.
Martedì scorso, 12 luglio, si è svolta una piccola cerimonia nel centro
storico di Bari per commemorare quel tragico evento.
«Ero piccola anch’io
quand’è accaduta questa tragedia e mia madre mi raccontò con sgomento l’accaduto– ha ricordato l’assessore alle Attività Produttive del Comune di Bari -. Non ci lasciamo sconfiggere dalla mafia».
È intervenuto anche il sindaco di Bitonto, Michele
Abbaticchio, (che era stato invitato da Pinuccio Fazio già a dicembre scorso): «Ringrazio Pinuccio Fazio per tutto quello
che sta facendo. Quest’uomo ha capito che la sua esperienza andava messa in
rete, il suo dolore andava condiviso per contribuire alla formazione civica
contro tutte le mafie nelle scuole di tutta la Puglia. Lo ringrazio a nome di
Avviso Pubblico per la disponibilità che ha mostrato anche nei confronti di
Bitonto».
I genitori di Michele si lasciano andare a pochi commenti: «Non ci lasciate soli, anche noi abbiamo
bisogno di voi e del vostro abbraccio. Se avessimo denunciato lo spaccio di
droga sotto casa nostra, Michele non sarebbe morto…».