L’ospite più insigne del Festival del Diritto di Bitonto, organizzato dall’associazione Sapere Aude, è stato il golden boy per eccellenza del calcio italiano: Gianni Rivera. Sul palco del Teatro Traetta, seguendo la traccia della sua enciclopedica autobiografia, ha raccontato, con ironia e suadente pacatezza, la sua storia, che per più di un ventennio ha incrociato la Storia d’Italia, quella con la maiuscola. Dopo i saluti dell’assessore Domenico Nacci, che ne ha elogiato la caratura morale, del presidente e del suo vice del sodalizio organizzatore, gli avvocati Michele Coletti e Giovanni Brindicci, che hanno sottolineato la grandezza dell’uomo sia come sportivo sia come politico, il numero 10 rossonero ha preso a narrare la sua vita. Col supporto dei significativi filmati innescati dalla moglie e regista Laura, il racconto si è dipanato dagli esordi con l’Alessandria a soli 15, incluso il provino singolare vestito elegante per la festa del paese, il passaggio al Milan, gli aneddoti divertentissimi del mordace Nereo Rocco, paròn di quella squadra che vinse tutto in Italia, in Europa e nel mondo, i suoi 4 Mondiali, con la disfatta per antonomasia con la Corea e la famigerata staffetta con Sandro Mazzola. Gustosa la rivelazione sul capolavoro che suggellò il 4-3 con la Germania nella semifinale del Mundial messicano: “Ero convinto di aver spiazzato Maier tirando di sinistro e, solo quando mi rividi in tv, mi accorsi di aver colpito col destro”. Poi, il Pallone d’oro del ’69 e il secondo posto alle spalle di Jašin nel ’63, scopero solo tanti anni dopo. Le grandi firme che scrissero di lui come Gianni Brera, che lo bollò come abatino, Gino Palumbo e Gualtiero Zanetti, che non gli fu simpatico. Infine, le sue vicissitudini da vicepresidente della società di via Turati, in un periodo tempestoso, fino all’avvento di Berlusconi, e la sua avventura da onorevole e sottosegretario alla difesa. Insomma, una vita vissuta appieno non poteva non conquistare una platea giustamente incantata. Con due perle finali griffate Rivera. Il giocatore più forte di tutti? “Pelé”. Cosa consiglia ai giovani che si avvicinano al mondo del cuoio fatato: “Non rinunciate mai a dignità e libertà”.