Domenica scorsa, all’età
di 87 anni, si è spento Umberto Kühtz, architetto e padre di importanti
varianti al piano regolatore, prima di diventare sindaco di Bitonto nel 1994.
Negli ultimi anni si era ritirato a vita privata, anche a causa dei malanni dei
tempo che si facevano sempre più insistenti, impiegando le sue energie nella
poesia. Ma chi era il politico Umberto Kühtz e cosa rappresentò, per la città,
la sua figura?
Sindaco della città dal
1994 al 1998, fu il primo sindaco scelto direttamente dai cittadini, dopo
l’entrata in vigore della legge 81/93 che modificò l’antico sistema elettorale
in vigore nei comuni italiani, prevedendo l’elezione diretta della carica
monocratica, attribuendo al primo cittadino la scelta degli assessori e
aumentando i poteri di sindaco e giunta a scapito del consiglio comunale e,
quindi, dei partiti che lo compongono.
Erano anni particolari,
quelli.
I primi anni ‘90.
La città, così come l’intero Paese, viveva la nascita
della Seconda Repubblica.
I vecchi partiti, che avevano amministrato nei 50
anni precedenti erano scomparsi sotto colpi provenienti da più fronti: i
cambiamenti avvenuti, sin dagli anni ’60 nella società italiana ed europea,
alla base di sempre maggiori difficoltà, da parte della politica, nel riuscire
ad interpretarli e a rappresentarli; la crisi delle ideologie; la crisi
economica dei primi anni ’90; la campagna referendaria guidata da Mario Segni
che, a livello nazionale, aveva decretato la fine del vecchio sistema
elettorale proporzionale; l’avvento delle tv private e i cambiamenti nel campo
della comunicazione, che favoriscono un rapporto più diretto con il pubblico e l’avvento
di outsider nel panorama politico. Senza dimenticare quel sentimento
antipolitico, da sempre latente, che a seguito degli episodi di corruzione e
malaffare si era fatta sempre più insistente, travolgendo, come uno tsunami,
quel che restava dei tradizionali soggetti politici, ormai indeboliti.
L’opinione pubblica,
sull’onda di un’antipolitica cavalcata anche dai media, chiedeva una politica
più efficiente, più vicina ai cittadini. E, soprattutto, chiedeva volti nuovi.
In questo contesto si
inserisce la legge 81/93, tentativo della politica di rilegittimarsi partendo
dai comuni. Per riuscire a vincere, per i partiti era diventato quasi un
obbligo proporre personalità esterne al proprio entourage, scelti dalla
cosiddetta “società civile” in base a meriti particolari. I sindaci, dunque, dotati
di maggiori poteri e mezzi di comunicazione e più liberi dai diktat partitici,
diventarono, nel bene e nel male, sempre più protagonisti della vita politica
cittadina e nazionale, trasformando il proprio rapporto con i partiti, che
tentavano di conservare la propria influenza: da uomini di partito, spesso
divennero loro concorrenti.
Questo accadeva anche a
Bitonto, dove a trionfare, con la nuova legge elettorale fu Umberto Kühtz,
protagonista bitontino della “stagione dei sindaci”.
Il suo curriculum vitae e
il suo non avere tessere partitiche, nonostante fosse da sempre ideologicamente
vicino alla sinistra, ne fecero il candidato ideale per il Partito Democratico
di Sinistra, in coalizione con Rifondazione Comunista e la lista civica
Movimento Democratico per Bitonto.
«Non sono mai stato militante, anche se ho sempre avuto simpatie per il
Partito Socialista. Sono legato in particolar modo a figure di spicco dell’area
socialista come Gaetano Salvemini o Giovanni Modugno» ebbe a dire in
un’intervista rilasciata al sottoscritto tempo fa e mai pubblicata, in cui
ricordava il rapporto conflittuale avuto con i partiti della sua coalizione. I
suoi quattro anni furono molto burrascosi e frequenti furono i rimpasti di
giunta fatti per tenere insieme una maggioranza instabile.
In quella occasione
non nascose il rammarico provato quando, nel ’98, non fu ricandidato per un
secondo mandato.
«Ho sempre avuto particolare antipatia per la burocrazia che è la vera
paralisi della città. Gran parte della mia attenzione la dedicai al centro
storico e all’edilizia» rivelò con fierezza.
In particolare, uno era il suo
più grande orgoglio: «Sono fiero di aver
bloccato l’abbattimento di palazzi storici in Corso Vittorio Emanuele II».