Signor Presidente,
Signor Segretario Comunale,
Signore Consigliere e Signori Consiglieri,
Concittadine e Concittadini,
Amici,
è non senza emozione e con un pizzico di timore che prendo la parola oggi, in questa assise, che considero sacra, e che nel passato mi ha visto partecipe dai banchi della Giunta e da quelli dell’emiciclo, ma mai da questa posizione – unica, privilegiata, ma per gli stessi motivi anche, consentitemelo, un po’ solitaria.
Non senza emozione e con un pizzico di timore perché ho ben presente nella mia mente che le parole che mi accingo a pronunciare oggi mi investono di una responsabilità enorme, che ho l’obbligo morale e umano – prima ancora che politico – di non tradire. Si tratta della responsabilità – provo a sintetizzarla così – di tradurre quella solitudine cui accennavo poc’anzi – la solitudine del potere, della imputabilità giuridica e politica di un’Amministrazione complessa qual è quella bitontina – in opportunità di incontro, di relazione, di condivisione, di comunità.
Una città può essere il luogo di molte solitudini. Solitudini economiche, sociali, politiche, umane. Una città può essere il luogo in cui, pur sommerso da flussi di persone, senti di essere fuori posto, messo da parte, senti che niente e nessuno corrisponde ai tuoi desideri e ai tuoi bisogni. Il mio compito – il Nostro compito, oso dire, Consigliere e Consiglieri – sarà quello di dimostrare, superando in primo luogo le nostre proprie solitudini e divisioni, che tante solitudini, se condivise, possono fare una Comunità.
È all’altezza di questa sfida che saremo chiamati a operare e ad investire ogni nostra energia, consapevoli che ad essere in gioco durante i prossimi cinque anni non saranno la fortuna e il successo di una persona, di un partito o di una parte politica, ma la fortuna e il successo di tutti, la fortuna e il successo di quella Bitonto la cui prosperità è il vero terreno comune che, al di là delle differenze, ci vede tutti uniti e concordi.
La città come meta comune, dunque.
Bitonto, con Palombaio e Mariotto, è il mio passato, il mio presente e il mio futuro. Qui mi sono formato, nell’abbraccio della mia famiglia. Qui ho compreso il significato dell’etica civile, maturando esperienza nel volontariato giovanile e nell’attivismo sociale laico e cattolico. Qui sono cresciuto nella consapevolezza del valore sociale e morale che la fatica del lavoro porta con sé. Qui ho conosciuto la bellezza dell’educazione alla vita rappresentata dallo sport. Qui ho scoperto e coltivato la mia passione politica. Qui ho avuto prova del potere generativo dell’amore ricevuto, sperimentando la gioia di costruire la mia propria famiglia e di esercitare il “mestiere” di marito e di padre.
Da Bitonto, Palombaio e Mariotto, che di questa vita piena sono state e sono linfa e palcoscenico, tutto ho ricevuto e nulla ho da chiedere. Ad esse io rinnovo il mio voto a lavorare al culmine delle mie possibilità, dedicando integralmente me stesso al benessere della nostra Comunità.
“Integralmente”, dicevo. Perché – come ho già avuto modo di dire in altre occasioni, in queste prime settimane – nell’assumere su di me la responsabilità di essere il primo cittadino di questa comunità porto inevitabilmente con me Tutto quello che sono, senza una rigida distinzione tra sfera privata e sfera pubblica. Quello del Sindaco non è un mestiere che puoi esercitare per qualche ora al giorno e poi lasciare fuori dalla porta quando rientri a casa, la sera. Ti impegna al 100%, 24 ore su 24, 365 giorni all’anno.
Si è Sindaco, non si fa il Sindaco.
E nell’essere Sindaco, io mi impegno a non risparmiare nulla di me stesso. Lo sarò con i miei pregi e con i miei difetti, con la mia storia, con le mie competenze e con le mie mancanze, nella consapevolezza che là dove non sapranno arrivare le mie qualità, a sostenermi saranno le buone relazioni che da tessitore di Comunità avrò saputo costruire. Un tessitore di Comunità, più che un leader: ecco cosa significa per me essere Sindaco, ed esserlo integralmente, come persona.
A questo proposito, lasciatemi aprire una piccola parentesi personale. Mai e poi mai, fino a qualche mese fa, avrei potuto immaginare che il primo agosto 2022 mi sarei trovato qui, a pronunciare queste parole. Avevo lasciato a lato il mio impegno politico diretto, come sapete, pur rimanendo attento osservatore dei fatti della città. Avevo deciso di dedicare una parte maggiore del mio tempo alla mia professione e alla mia famiglia. Poi, il corso imprevedibile e talvolta crudele della vita ha interrotto di colpo progetti, sogni e speranze personali. Eppure, oggi sono qui. Eppure, oggi, progetto insieme a voi il nostro comune domani.
Eppure, oggi, scelgo di dedicare tutto me stesso, integralmente, alla Comunità che amo.
Se mi permetto di citare questo riferimento alla mia vicenda personale, non è per una forma di facile pietismo, ma perché ritengo che quella che è una parabola personale, possa valere anche come tracciato ideale del futuro della nostra comunità. C’è sempre la speranza al di là della sofferenza più cupa; è sempre possibile rialzarsi, anche dopo la tragedia più grande – ed è nostro dovere farlo, perché la notte è sempre più buia prima dell’alba.
Come ciò è stato vero per me, può e deve esserlo per la nostra Comunità, che per molti versi oggi versa in una situazione critica e difficile. I costi sociali dell’inflazione e della congiuntura economica stanno riacutizzando endemiche fragilità e povertà di molti nostri concittadini; l’incerta percezione di sicurezza, specie nei quartieri periferici, nelle frazioni e nel centro antico, ci ricorda che al lavoro encomiabile e certo sempre insufficiente delle forze dell’ordine deve corrispondere anche un intenso lavoro di prevenzione della devianza e di cura del disagio sociale; le ingenti possibilità di crescita e rigenerazione prospettate dal PNRR rischiano di rimanere sulla carta, se non sapremo convertirle tempestivamente in progetti d’intesa con istituzioni regionali e nazionali peraltro “distratte” dall’ennesima crisi politica nel nostro Paese…
L’elenco disfide dietro l’angolo potrebbe essere interminabile, e fa davvero tremare i polsi. Eppure, noisiamo qui. Eppure, noi potremo farlo e lo faremo.
Perché ciò possa avverarsi, però, sarà necessario il contributo di tutti. Questa assise è la più alta espressione della democrazia bitontina. Le Consigliere e i Consiglieri a cui mi sto rivolgendo sono stati scelti, come me, dai cittadini, affinché li rappresentino per prendere le decisioni migliori per il bene comune. Nel promettere – da parte mia – massima attenzione, pieno ascolto e serio rispetto a questa assise, Signor Presidente, voglio anche chiedere a Voi tutti di non far mancare all’Amministrazione un contributo intelligente, costruttivo e sempre teso all’interesse comune.
Lo chiedo – certo che la mia richiesta sia persino superflua – ai Consiglieri di maggioranza e ai Consiglieri di minoranza, conoscendo la serietà e lo spessore dei quali,sono assolutamente certo che saranno protagonisti di quell’attività di opposizione corretta, utile e fattiva, che è il sale di ogni istituzione democratica.
All’ascolto e al contatto con tutti i cittadini – come ho già avuto modo di ribadire con un appello pubblico negli scorsi giorni – vorrei fosse improntato lo stile del mio mandato di Sindaco. Vorrei che varcando la soglia del Palazzo di Città – grazie anche al lavoro degli splendidi professionisti e impiegati che onorano la nostra macchina amministrativa, che ringrazio e per sostenere i quali lavoreremo a reperire ogni risorsa possibile – ogni bitontino, palmarista e mariottano avesse la netta sensazione di trovarsi a casa.
Sarò al servizio di tutti. Ascolterò tutti. Onorerò – spero – la fiducia che i miei concittadini mi hanno accordato, lavorando per una Comunità in cui nessuno debba più sentirsi solo.
Buon lavoro a Noi!