In relazione all’articolo “Falsi certificati per agonismo, due medici rinviati a giudizio dal gup a Bari” (http://bit.ly/1QG2BWy), riceviamo e volentieri pubblichiamo una replica dell’avvocato Damiano Somma, difensore di uno dei due medici:
È indubbio che il mio assistito vada subendo un procedimento penale tanto ingiusto quanto pretestuoso nelle sue accuse. Precisiamo subito che nessun contratto di dipendenza con la società Meleam è stato mai sottoscritto da parte del dottor Schiraldi; il contratto sottoscritto dal dottor Schiraldi con la Meleam è stato solo di consulenza ed ha avuto durata dal settembre 2009 al settembre 2012 e non sino al novembre 2012.
L’Asl di Bari veniva subito messa al corrente, dal dottor Schiraldi, dell’esercizio di tale attività, così come previsto dalla normativa a presidio delle prestazioni libero professionali dei medici. Il dottor Schiraldi è stato ed è ancor oggi socio ordinario della Federazione Medico Sportiva Italiana.
Nessuna attività di falsa certificazione è stata mai attuata dal dottor Schiraldi per aver esso sempre agito nell’alveo della normativa nazionale (D.M. 18/02/1982 recante norme per la tutela sanitaria dell’attività sportiva).
Mai nessuna norma regionale, sino all’approvazione della legge n.18/2013 e pedissequo regolamento regionale n.7 del 9 aprile 2014, ha mai regolato la materia della emissione della certificazione medico agonistica in Puglia.
Assolutamente deforma è la circostanza che vi fosse, nel periodo di attività monitorata dall’autorità giudiziaria, una norma che regolamentava l’emissione dei certificati medici agonistici.
Le varie delibere di giunta regionale (organo che nessun poter ha con riferimento ad attività prettamente legislativa demandata alla competenza del consiglio regionale) sono state tutte oggetto di pesantissime censure da parte del Co.Re.Co. Puglia (decisione n. 17438 del 21 ottobre 1986).
Ancor più pesante è stata la decisone del Tar Puglia (sentenza n. 880/2013) che definitivamente decideva di censurare in maniera poderosa la Regione Puglia che pretendeva di presidiare la gestione di tale attività solo con una circolare assessorile sfornita di ogni e valido supporto tecnico legislativo.
Nessuna società sportiva è stata danneggiata, nessun danno è stato né provocato, né richiesto al mio assistito, nessun tipo di problema è stato sollevato, da parte degli organi sportivi e federali preposti, alle società sportive che si sono servite di tali certificazioni.
In definitiva appare chiaro che il vuoto normativo regionale (che ha consentito un trentennio di non legittima esclusiva di alcuni centri sportivi accreditati da una non legge!), perdurato sino all’aprile del 2014, (data dell’emanazione del Regolamento regionale n.7 del 9 aprile 2014), ha potuto consentire tale attività libero professionale poiché ampiamente consentita da quella che era, sino al 2014, l’unica legge a presidio: il D.M. 18/02/82.
Orbene il punto da cui dipana tutta la questione è proprio questa: è possibile considerare violata una legge (?), se di legge invece non si tratta?
Non sembra essere questa la sede opportuna per ricordare di quale grado siano e che valenza occupano le circolari regionali all’interno delle fonti del diritto, come non sembra nostro compito disquisire su sofismi giuridici che dovrebbero basarsi su regole certe a cui il nostro Legislatore regionale pare non essere approdato con molta semplicità e celerità rispetto ai cambiamenti, anche sociali, in atto.
Chiaro sembra che la censura effettuata dall’allora Commissione regionale di controllo sull’operato della giunta regionale era basata sul semplicissimo principio dell’eccesso di delega esercitato dalla giunta regionale che, con le sue decisioni, non poteva ipotizzare di derogare rispetto alla vigente disciplina nazionale, pena la fondatezza del vizio di incompetenza (si veda la storica e stoica sentenza del Tar Puglia n. 880/2013).
Inutile soffermarsi su tanti ed ulteriori aspetti anche non giuridici che meriterebbero molta più attenzione, consapevole che la sede in cui discutere non è questa. In attesa della definizione del giudizio, esterniamo l’amara considerazione che spessissimo in questa Nazione ci debba difendere prima dal Processo, resto a disposizione per qualsiasi ed ulteriore chiarimento.