Ogni tanto, qualcuno si ferma, legge il manifesto, che sta proprio lì, sul muro dell’arco che introduce a via Le Martiri, dove due mesi fa fu barbaramente uccisa Anna Rosa Tarantino.
Una signora legge e chiede all’amica sgomenta: “Nah, ma iei la sour d’Annin? Moh, ce pcchèut”. Scuote un poco la testa e va via.
Sì, è proprio lei, Lucia, la sorella che la piccola grande sarta accudiva con amore.
Era i suoi occhi, le sue mani, il conforto di giorni ormai vissuti al buio.
E le loro giornate si chiudevano con una “buonanotte” dolcemente sussurrata dall’una all’altra.
Ecco, quella fredda mattina di dicembre, quei colpi di pistola hanno strappato crudelmente la vita ad Anna Rosa ed hanno rubato la luce alla sorella, che invano anche quel dì la stava aspettando dopo la messa alla chiesa del monastero delle Vergini.
Oggi, che ancora non si conoscono gli autori di quell’assurdo e terribile omicidio, mentre la città prosegue assopita il suo cammino e ci si accapiglia con insospettabile energia magari per futili questioni politiche o stolte pinzillacchere – ma noi siamo esperti in questo -, lavata la coscienza con un sospiro, una marcia ed una targa, vorrei che anche la morte di Lucia pesasse come un macigno sulla coscienza degli assassini di Anna Rosa Tarantino…