Il saluto alla Diocesi di Bari-Bitonto del neo Vescovo don Vito Piccinonna.
Qui il discorso integrale:
Carissimi,
potete intuire da voi stessi i sentimenti che abitano il mio cuore in questo momento, soprattutto da quando, nel primo pomeriggio di martedì scorso, il Nunzio Apostolico in Italia mi ha manifestato la volontà del Santo Padre Francesco di volermi Vescovo e Vescovo di Rieti.
Mentre andavo a Roma in treno ho avuto più volte il pensiero di scendere, prima di arrivare a destinazione, temendo che si potesse trattare di una chiamata del genere… Ho avuto il bisogno di sentirmi prima col mio padre spirituale e di confidare questa mia paura persistente. La sua risposta: qualunque cosa ti chiedano, se te la chiede il Papa per questa nostra Chiesa, digli di sì, fidati! Queste parole, seppure non hanno eliminato completamente la paura, mi hanno dato fiducia e appena mi è stata comunicata la volontà del Papa ho detto subito di Sì, accettando la chiamata.
Posso dirlo davanti alla mia coscienza, davanti a Dio e a ciascuno di voi, senza timore (e chi mi conosce lo sa!): di non aver mai cercato, pensato, immaginato, sognato una cosa dal genere, anzi!
Vorrei raccontarvi un episodio per dirvi il mio reale desiderio che mi accompagna da tempo:
Da piccolo i miei genitori mi portavano di tanto in tanto a far visita ai Santi Medici, specie il giorno della festa ammirando soprattutto il momento dell’uscita dei Santi dalla Basilica. Ricordo in quell’occasione di aver visto un uomo seduto a terra, accanto ad una delle porte della Basilica, senza gli arti inferiori, con una scatola di scarpe davanti a sé, che gridava con insistenza “Fammi la carità, fammi la carità!”. A distanza di anni, già nel cammino di discernimento in seminario e poi anche dopo, con i primi impegni pastorali, sono ritornato indietro e quella frase mi è parsa da sempre una espressione sintetica del tanto manifestarsi di Dio nella mia vita come pure della sua richiesta di essere amato, nei fratelli, nei fatti e nella verità. Non delle cose da fare ma una chiamata a “fare-ad essere carità”, ad allargare le misure del mio cuore, sempre troppo piccolo e povero per accogliere sempre più tutti, andando oltre il mio egoismo e le mie non poche resistenze e il mio peccato!
Vocazione per me ha fatto sempre rima con espropriazione più che con realizzazione. Anche oggi voglio leggere questa chiamata inattesa di Dio ad un amore più grande che assume il segno della paternità per un popolo, una Chiesa, quella di Rieti, dove andrò, forte solo del Suo Amore che mi precede e mi supera e pur sempre consapevole della mia povertà. Mi seduce sempre l’espressione del caro Carlo Carretto quando narra di un Dio che non si ripete mai. Pare che quando lo si aspetti sotto una quercia venga sotto un ulivo, quando lo si attende in città viene in campagna, quando lo attendi nella gioia ti sorprende anche tra le lacrime e quando non lo attendi più scopri che è Lui che attende te.
Assieme alla Santissima Trinità il mio pensiero è al Santo Padre Francesco per questo sguardo che sento rivolto a me ma anche a tutta la nostra bella Chiesa di Bari- Bitonto. Ho avvertito tutta la libertà di poter dire di no ma ho desiderato rinunciare alle mie pretese e attese e dire di Sì al Papa, volendo così dare sempre più carne a quel sogno missionario contenuto nel documento
programmatico della Evangelii Gaudium a cui tutti siamo chiamati a dare forma significativa nel nostro agire ecclesiale. Grazie Santo Padre!
Grazie a voi tutti che ho sempre avvertito come Chiesa-Madre di Bari-Bitonto, a cominciare dal primo grembo, dalla mia cara famiglia (qui presente), ai miei nonni, parenti e amici che mi guardano dal cielo, la mia comunità parrocchiale e il mio paese, Palombaio, da quella vita e fede semplice che mi è stata trasmessa. Vengo “dalla terra” e non voglio tradire per nessun motivo queste mie radici, origini umili, robuste e laboriose, belle come l’ulivo. Grazie ai miei parroci di Palombaio, dal compianto don Vito Frascella a don Michele, don Antonio e ora ai Padri stimmatini.
Un ricordo speciale che si fa gratitudine immensa a don Vito Diana, mio primo padre spirituale, mio padrino di cresima già direttore caritas e vicario episcopale della carità (!) e fondatore della Comunità terapeutica Lorusso Cipparoli, che è diventata anche la mia casa, uno dei miei primi impegni da quando sono prete. Da lì e con loro ho capito tanto della vita, ho capito soprattutto cos’è la solitudine e cos’è la speranza. Nel suo testamento don Vito aveva scritto: “Ringrazio Dio per avermi creato, fatto cristiano e sacerdote e per avermi messo nel cuore il desiderio e la stima della povertà”. È stato un faro don Vito come lo è stato anche un altro caro sacerdote, don Ignazio Fraccalvieri, come pure don Tonino Ladisa e tanti altri. Quanti preti, quanti laici, quanti religiosi e diaconi mi hanno edificato con la loro vita più che con le parole!
Desidero esprimere un sentito grazie ai Vescovi di questa Chiesa che mi hanno accompagnato e guidato: da P. Mariano, nell’accoglienza nel discernimento vocazionale, al Vescovo Francesco per avermi accompagnato e guidato paternamente negli anni della formazione, e poi con l’ordinazione diaconale e presbiterale ricevuta dalle sue mani e i diversi impegni ministeriali da lui affidati.
Ringrazio molto il nostro Vescovo Giuseppe che oggi guida con instancabilità la nostra Chiesa, per avermi accolto e guidato in questi anni e per l’impegno affidatomi di Vicario della carità, come stretto collaboratore. Il Signore continui, Eccellenza, a darle tanta forza e generosità per continuare a servire, con l’energia che viene da Dio, questa bella Chiesa! Grazie anche per la bella e discreta vicinanza e l’incoraggiamento manifestati questi giorni…
Approfitto Eccellenza anche per salutare con affetto, attraverso lei, anche i Vescovi della Conferenza Pugliese, a cominciare dal Presidente mons. Donato Negro come pure i Vescovi originari della nostra diocesi: mons. Savino, mons. Palmieri, mons. Angiuli, mons. Santoro, come anche mons. Piemontese. Come anche il mio pensiero va ai Vescovi della conferenza episcopale laziale col card. De Donatis e in particolare al caro mio predecessore di Rieti, mons. Domenico Pompili, fraterno amico da diversi anni.
Un grazie e una “buona missione” al nostro Vicario generale, agli altri vicari episcopali e zonali, ai
nuovi Delegati degli uffici. Sono certo che farete benissimo!
Grazie a tutti voi confratelli presbiteri e diaconi per quanto mi avete insegnato e per l’esempio bello, genuino e generoso che ho colto in voi. Sono onorato delle amicizie che tanti preti mi hanno sempre garantito in maniera bella facendomi crescere nell’amore verso la missione sacerdotale, anche nei momenti faticosi e incerti che anche io ho vissuto. Perdonatemi se in qualcosa posso aver offeso, anche solo involontariamente, qualcuno di voi. È un tempo difficile quello che viviamo e le sfide che ci sono dinanzi solo con la grazia di Dio potremo vederle trasfigurate in opportunità di crescita anche comunitaria, senza lasciare nessuno ai margini.
Ho vissuto negli ultimi anni una bella fraternità con tanti di voi, con i confratelli presbiteri di Bitonto, ma permettetemi un grazie particolare a don Oronzo, don Tommaso, al seminarista Roberto e prima ancora con don Francesco e don Antonio con i quali ci siamo accolti nella vita comune nella comunità del Santuario. Pur nella fatica, meglio la comunione che la solitudine! Fraternamente vorrei dire a tutto il presbiterio di volerci sempre più bene e di lavorare sempre più insieme vedendo non solo le sfide intra ecclesiali, ma anche quelle che provengono dai territori e dalle povertà che li caratterizzano. Andiamo avanti con fiducia! In questo tempo a forte andamento individualista il segno della comunione è certamente il più profetico anche per la nostra gente.
Vorrei anche dire un grazie speciale per i tanti laici incontrati soprattutto nell’esperienza diocesana e nazionale in Azione cattolica. Porto nel cuore tanti volti di ragazzi, giovani e adulti incontrati. Per me l’Ac non è stata solo palestra di laicità ma anche di ecclesialità e lo è anche per noi preti perché ricomprendiamo assieme ai Christifideles laici il dono fondamentale del Battesimo. Ricordo, alla vigilia di un incontro con alcuni preti di una diocesi, di aver chiesto ad una giovane laica: Cosa vorresti che dica a dei preti? E lei: che ci insegnino ad amare LA Chiesa e non la loro idea di Chiesa. Penso sia proprio questa la conversione più difficile anche nella nostra vita di preti. È stata un’esperienza di servizio che mi ha fatto crescere molto aiutandomi ad allargare gli spazi della ministerialità, non per delega o concessione ma per riconoscimento vocazionale. Un grazie particolare ai tanti giovanissimi e giovani di Ac incontrati. Anche i Santi e Beati dell’Ac, Pier Giorgio Frassati e Alberto Marvelli in particolare, sostengano il nostro cammino.
E poi l’esperienza con i più poveri nella Caritas e nelle realtà della Fondazione Santi Medici…
Non è un modo di dire: Ho ricevuto molto più di quello che ho dato. L’incontro con i poveri, gli ammalati, con la povertà e la malattia mi ha destabilizzato e inquietato tante volte nel volto e nella storia di tanti fratelli e sorelle. È sempre troppo poco ciò che si riesce a fare, non si può dire mai di essere arrivati, eppure soprattutto l’ascolto del dolore di tanti ti trasforma e ti fa più uomo. È un dolore che ti forgia, che diviene come un tuo maestro che sempre ti accompagna. Grazie ai tanti operatori e volontari incontrati, il loro mettersi in gioco mi ha sempre conquistato. E ricevi la grazia di sapere grazie ai più poveri che non sei mai solo, nonostante tutto e senti di dover apprezzare ogni singolo compagno di viaggio. Senti vive con loro le parole del profeta Isaia: Tu hai detto che il Signore ti ha abbandonato. Ma si dimentica forse una madre del frutto delle sue viscere? E se anche ci fosse una madre così, stanne certo: io non ti abbandonerò mai.
Ringrazio per le diverse esperienze pastorali vissute all’inizio del mio ministero nella parrocchia Matrice di Modugno assieme a don Nicola e don Martino, all’esperienza educativa nel seminario diocesano e poi nella Parrocchia-Santuario dei Santi Medici, esperienza impegnativa ma esaltante di una realtà fraterna che accoglie la vita ordinaria di una comunità come pure tanti pellegrini e devoti che portano dentro una sete di infinito che non va mai disattesa. Nonostante tutto la parrocchia resta ancora, pure con le sue fatiche, una possibilità privilegiata per vivere un cristianesimo di popolo e mai di èlite, dove la vita dei piccoli e degli anziani, dei giovani e degli adulti, degli ammalati e dei poveri si fa tutt’uno, assumendo il sapore della casa.
E prima di concludere non voglio dimenticare i miei formatori che mai ho dimenticato e a cui va il mio grande grazie, nell’esperienza del “Se Vuoi” con don Vittorio e poi nel seminario diocesano con don Nicola e soprattutto nel Seminario regionale di Molfetta, dal caro rettore del tempo don Giovanni Ricchiuti con tutti gli educatori, padri spirituali come anche con gli amici di corso e non
solo. Grazie anche a don Gianni Caliandro e la sua equipe per il suo prezioso e non invidiabile lavoro a servizio delle vocazioni e della formazione. E vi chiedo di pregare per le vocazioni.
Ancora un caro pensiero per i rappresentati delle diverse Istituzioni con cui ho interagito per i compiti che ho svolto nel ministero in diocesi.
Concludo. Vi chiedo il dono della preghiera. Pregate anche per me e per la Chiesa di Rieti, che accolgo e mi accoglie nel nome del Signore. Vado da lei per amarla. So poco del luogo in cui vado ma mi è stato chiesto a chiare lettere di continuare a manifestare una particolare vicinanza della Chiesa intera e del Papa per loro anche nel non facile compito di ricostruzione non solo materiale dei luoghi e delle persone, lavoro portato avanti in maniera encomiabile dal mio predecessore, mons. Domenico Pompili. Pregate cari amici per la nostra Chiesa di Rieti perché si affidi con crescente fiducia a Colui che, solo, fa nuove tutte le cose. Appena raggiungerò quella terra sarà mio primo compito fermarmi in preghiera dinanzi ai luoghi del terremoto dell’agosto del 2016 che ha provocato oltre 250 vittime e ha lasciato tante ferite nel cuore di tutti. Ma è anche momento di gioia poter arrivare in quella Chies che inizia l’8° centenario del Presepio di Greccio, nella stupenda valle reatina, col suo sapore tutto francescano e il richiamo antico e sempre nuovo alla fraternità.
Senza lo Spirito nulla è nell’uomo. Solo dallo Spirito viene l’efficacia di quanto compiamo quotidianamente. Invochiamolo sempre perché sia sorgente di forza e di pace per tutta la Chiesa in comunione col Papa, perché facendo proprie le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce del mondo intero, dei poveri soprattutto, sappia essere cantiere del Regno di Dio, l’unico Assoluto a cui leghiamo continuamente il cuore.
Affido tutti all’intercessione della Beata Vergine Odegitria, San Nicola, i Santi Medici, San Sabino, la Beata Elia, i patroni dell’amata Chiesa di Rieti e il venerabile don Tonino Bello.
(Nei prossimi giorni vi informerò circa la data e il luogo dell’ordinazione) Grazie a tutti. Vi voglio bene.
+ Vito, vescovo eletto di Rieti