Nel numero di febbraio dell’edizione cartacea del “da
Bitonto” abbiamo ricordato i bitontini che hanno perso la vita nei grandi
genocidi del ventesimo secolo, dalla tragedia dei campi di sterminio nazisti a
quella delle foibe. Un doveroso riconoscimento a coloro che, dopo essere
partiti per servire lo Stato, hanno patito sofferenze disumane e talvolta hanno
perso la vita.
Questa volta è nostra intenzione rendere omaggio ad altri
bitontini, anch’essi partiti per il fronte della seconda guerra mondiale, ma mai più tornati. Neanche da morti.
Quei concittadini sepolti fuori dai
confini nazionali, nei cimiteri militari italiani in Germania .
Parliamo del tenente colonnello Gaetano Di Bartolo, nato il
23 novembre 1895 e morto nell’ospedale di Norimberga l’8 maggio 1944 a causa
della tubercolosi contratta durante la detenzione nell’Offizierlager XIII. È sepolto
nel cimitero militare italiano di Francoforte sul Meno. Qui sono sepolti ancheBartolomeo Stellacci (3 ottobre 1908 – 31 marzo 1945) e Francesco Paolo
Fornelli, nato il 16 gennaio 1908 e caduto a Lohbach il 24 marzo 1945.
Parliamo, ancora, di Michele Garofalo, giovane soldato,
classe ’18, deceduto il 9 settembre del ’43, il giorno dopo l’armistizio, a
soli 25 anni, e sepolto a Berlino, sede di un altro cimitero militare italiano.
Nell’analogo cimitero di Amburgo sono sepolti, inoltre,Giuseppe Germano, nato a Bitonto l’11 gennaio 1944 e deceduto a Wittmund, in
Bassa Sassonia, il 23 ottobre 1944, Francesco Lisi (6 aprile 1912 – 11 gennaio
1944), Giuseppe Maddalena (14 luglio 1916 – 6 giugno 1945), Oronzo Marrone (4
febbraio 1916 – 4 novembre 1944), Carlo Quarto (10 febbraio 1922 – 13 maggio
1945) e Eugenio Quarto (10 ottobre 1923 – 15 ottobre 1944).
Sono ricordati, insieme a tanti altri militari italiani
sepolti in Germania, Austria e Polonia, nel sito dimenticatidistato.it, che
intende ricordare far conoscere quale sia stata la sorte dei nostri
congiunti, creduti spesso dispersi. Non saranno certo i soli quelli elencati. Chissà quanti altri ci saranno, magari senza nome, dati per dispersi nei vari fronti in Russia, Nord Africa o nei Balcani.
Ricordare queste persone non può che essere utile per non
dimenticare l’entità della tragedia vissuta dall’Italia, dall’Europa e dal
mondo intero. Perché aldilà del colore delle divise e delle bandiere, aldilà
delle scelte politiche che spinsero ogni stato a partecipare al conflitto,
aldilà delle ideologie volte a giustificare quelle scelte politiche, dietro
ognuno di questi nomi c’è una storia di sogni e speranze infrante, di sacrifici
nella speranza di un mondo migliore, di dolore per i tanti genitori
sopravvissuti ai figli e per i figli cresciuti senza padre. C’è una storia di
persone, mosse dal desiderio di servire il proprio paese, o partiti per il
fronte perché costretti a farlo. C’è una storia di persone prima ancora che di
soldati.