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Home » Bitonto da Riscoprire 6/Il feudo di San Demetrio, dall’antico splendore all’attuale rovina

Bitonto da Riscoprire 6/Il feudo di San Demetrio, dall’antico splendore all’attuale rovina

L'affascinante costruzione, nelle campagne di Palombaio, è meglio nota con il toponimo “Casìne de jìnde”

Lucia Maggio by Lucia Maggio
9 Settembre 2018
in Cronaca
Bitonto da Riscoprire 6/Il feudo di San Demetrio, dall’antico splendore all’attuale rovina
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San Demetrio, nelle campagne di Palombaio, meglio noto con il toponimo “Casìne de jìnde”, un tempo era un possente maniero, al centro di un vasto feudo su un’alta collina, con ampia visuale su tutta la vallata circostante. Questo feudo, ben esteso nel territorio terlizzese, era pari a 115 vigne (circa 100 ettari) e comprendeva una poderosa torre con annessa chiesetta dedicata a San Demetrio, parchi, pozzi, case ed altre torri, tra cui quella “di Fabrizio”, anch’essa con attigua cappella, giardino, pescara e terre. Chi ne oltrepassava la soglia, godeva di immunità e del diritto di asilo “immunitate… gaudere dictum coemeterium”. Probabilmente San Demetrio fu fondato da un guerriero normanno, che aveva combattuto al tempo delle crociate sotto le mura di Antiochia. Dal “Catalogo dei Baroni”, redatto nel sec. XII sotto Re Ruggiero I di Sicilia, si rileva il gran numero dei feudi compresi nel “Demanium Botonti”. Tra i più importanti vi era, nella zona di Palombaio, quello di San Demetrio. Le prime notizie certe la baronia si rilevano da un documento del I novembre 1248, rinvenuto fra i numerosi appunti di Eustachio Rogadeo, nel quale la baronessa Cita, figlia di Santoro, nomina procuratore di tutti i suoi beni, tra cui il feudo di “Sancti Demetris civitatis Botonti”, il figlio Ursileone. Successivamente il feudo passo ai germani Nanno e Gabriele Brunalischis, che nel 1418 lo vendettero ad Antonello Bonello e a suo padre Giugliano, entrambi nobili di Barletta. Nel 1457 passò alla nobile famiglia bitontina dei Barone, e nel 1725 a Pietro Capitaneo, figlio di Violanta Barone. Nel 1759, infine, fu ceduto ai Valente, ultimi titolari del feudo. Per quanto riguarda l’annessa chiesetta di San Demetrio, da un documento del 1528, riportato nel “Libro Rosso di Bitonto”, si apprende che era denominata “S. Demetrio in Silvis”. Altri antichi documenti riportano, invece, la dizione di “S. Demetrio sulle grotte”, forse per la presenza di alcune cavità di origine carsica. Nel 1659 il vescovo A. Crescenzio fu accolto da Francesco Carlo Barone con cui visitò la chiesetta. Questa mostrava, sull’altare, l’immagine della Vergine del Soccorso, di San Demetrio e del Beato Giovanni Barone benedettino, meglio conosciuto come “San Giovanni Apulo o da Bitonto”. Quest’ultimo, vissuto nell’XI secolo, fu eremita, ebbe “il dono delle lacrime”, fondò un monastero in Lucca e morì a Montecassino. Gli abitanti della zona gli erano fortemente devoti e sino a tutto il XVII secolo la sua immagine fu venerata in tutte le cappelle presenti nel feudo e ad esso limitrofe. La “Carta Rullan” (1727) riporta ben visibili i confini del feudo, indicato con la dicitura “Feudo di Santo Demetrio del Magnifico Giuseppe Lo Cataneo (Capitaneo) di Modugno”. Ma la planimetria si evince meglio dagli ottocenteschi “Atti della Commissione Censuaria del Comune di Bitonto”. Nel corso del tempo, lo “status” di questo feudo ha acceso la fantasia popolare: sono fiorite, così, numerose leggende sulla vita e gesta dei baroni di San Demetrio. Qui il “signorotto” di turno, nascosto dalla vista dei più, compiva soprusi di marca medievale, godendo dei privilegi sulla zona. Intorno agli anni ’80, ciò che era rimasto ancora in piedi di questo millenario corpo rustico feudale, pregno di storia, fu irrimediabilmente distrutto.

Pasquale Fallacara

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