Una grande novità contenuta nella manovra del governo penta-leghista e che investe direttamente la realtà comunale è quella dell’affidamento diretto (quindi senza neanche una gara informale) di lavori, forniture e servizi. Dal 1° gennaio è infatti operativo il comma 912 dell’articolo 1 che consente alle amministrazioni pubbliche, comuni compresi, di agire in deroga al codice degli appalti e di assegnare con affidamento diretto lavori con importo fino a 150 mila euro. La soglia precedente era fissata invece a 40 mila, superata la quale era necessario bandire la gara d’appalto.
L’unico obbligo per le stazioni appaltanti sarà quello di consultazione con almeno tre operatori economici, senza vincoli di pubblicità e di rispetto di criteri predefiniti. Secondo una stima del Sole 24 Ore, saranno cancellate circa 15 mila gare d’appalto (10mila nel settore dei lavori e altre 4-5mila nel settore dei servizi di progettazione e ingegneria), passando all’affidamento diretto, in quello che è definito un «duro colpo alla trasparenza». Per gli importi compresi fra 150 mila e 300 mila euro sarà consentita la procedura negoziata con consultazione di 10 operatori.
In un’intervista di dicembre rilasciata al Fatto Quotidiano, il sostituto procuratore di Torino, Alfredo Robledo, aveva giudicato così l’aumento della soglia per gli affidamenti diretti: «Capisco il tentativo di rendere più veloce l’affidamento dei lavori pubblici. Ma la strada è sbagliata: bisogna rendere meno burocratiche e più veloci le gare, non annullare le gare e i controlli, consentendo ad alcune amministrazioni di non scegliere per le opere pubbliche i soggetti più meritevoli. Innalzando la soglia degli affidamenti diretti si rischia di innalzare la soglia della modica quantità di corruzione tollerata. Sappiamo poi che la soglia sarà resa più elevata spezzettando un appalto in più incarichi sotto i 150 mila euro».