Il microscopio è uno strumento di indagine usato nei
laboratori di ricerca; il termine deriva dal greco: mikrón “piccolo” e skopéin “guardare”.
Esistono varie tipologie, ma le più conosciute sono il
microscopio ottico o luce, basato sull’interazione tra un oggetto e un raggio
luminoso, e quello elettronico, dove un fascio di elettroni colpisce il campione
in esame. Il microscopio ottico è usato per l’osservazione di cellule vive,
sezioni di tessuto o di organo, fornendo indicazioni solo sulla struttura e ha
un potere massimo di risoluzione pari a 0,2 micrometri, per lo più colorate con
sostanze non tossiche; il microscopio
elettronico è ben diverso, molto più complesso: non utilizza campioni viventi,
ma serve per fornire informazioni sulla morfologia delle principali molecole
biologiche come proteine e acidi nucleici; ha un potere di risoluzione compreso
fra 0,2 e 0,3 nanometri.
Quindi la funzione in comune è quella di ingrandire oggetti
di piccole dimensioni per permettere un’osservazione
diretta (microscopio ottico) o tramite fotografia (microscopio elettronico).
L’invenzione del microscopio ottico è ancora dubbia, ma si
ritiene che sia stato inventato da Hans e Zacharias
Jansen, due fabbricanti di occhiali olandesi, nel
1590; nel 1684 fu perfezionato da Van Leeuwenhoek, il quale, venuto a conoscenza degli studi
dello scienziato Hook, studioso delle muffe, volle esaminare lui stesso il
contenuto microbico di una serie di sostanze naturali.
A partire da questi anni fino ad oggi, ci sono stati molti
cambiamenti, come l’aumento della risoluzione degli obiettivi, l’inserimento
dei condensatori e della luce elettrica, fino ad arrivare al 1931, quando fu
realizzato il microscopio elettronico che sfrutta un fascio di elettroni; ad
inventarlo furono il fisico tedesco Ernst Ruska e l’ingegnere elettronico Max Knoll.
A causa dei costi elevati, i microscopi
elettronici non sono molto diffusi, a differenza di quelli ottici che sono presenti
nei laboratori scolastici, universitari e anche nelle abitazioni.
Le parti che compongono un microscopio ottico sono: gli
oculari, lenti attraverso cui si effettua l’osservazione; gli obiettivi che, insieme con gli oculari,
ci danno l’immagine ingrandita: essi sono o tre o quattro, ciascuno con un
fattore di ingrandimento di 4x, 10x 40x,
100x; una torretta girevole per cambiare i tipi di ingrandimento; il tavolino
portaoggetti, ossia il piano dove verrà posto il vetrino che si intende
osservare; il condensatore, che concentra il fascio di luce focalizzandolo
attraverso il preparato e nell’obiettivo; la vite macrometrica, per avvicinare
o allontanare il tavolino dall’obiettivo e la vite micrometrica, che bisogna
ruotare per mettere a fuoco l’immagine del preparato: ogni volta che si passa
da un obiettivo ad un altro, bisogna mettere nuovamente a fuoco; il diagramma
di campo, che controlla la quantità di luce proveniente dalla sorgente luminosa
e, infine, l’interruttore per accendere o spengere la sorgente luminosa.
Non rimane altro che accendere il nostro microscopio, porre il vetrino già preparato o da realizzare,
posizionare l’occhio sull’oculare, focalizzare e osservare il favoloso mondo
della natura, ricordando che “il ruolo dell’infinitamente piccolo in natura, è
infinitamente grande” (Louis Pasteur).