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Home » Una soggettiva su “Pilato”. Gli scritti di Bulgakov nell’ardente voce di Massimo Popolizio

Una soggettiva su “Pilato”. Gli scritti di Bulgakov nell’ardente voce di Massimo Popolizio

"E' nella verità che si pensa alla morte e il mal di testa passerà”

Viviana Minervini by Viviana Minervini
10 Agosto 2014
in Cultura e Spettacolo
Una soggettiva su “Pilato”. Gli scritti di Bulgakov nell’ardente voce di Massimo Popolizio
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 «Ma
che cos’è la verità?»

Tuonava queste parole, macigno per tutti gli uomini, la
voce di Ponzio Pilato nella lettura
di Massimo Popolizio ieri sera ai Giardini Pensili per “Pilato”, dramma
del secondo capitolo de “Il maestro e Margherita” di Michail Bulgakov.

L’opera racconta delle persecuzioni subite da uno
scrittore da parte del regime sovietico degli anni trenta, del suo amore per
Margherita, con cui ha una relazione segreta, della sua riabilitazione
attraverso Satana che ha il volto di un professore straniero esperto di cabala
che irrompe a destabilizzare la Russia atea del tempo.

Lui si chiama Woland e viene per avvertire che Gesù è
esistito veramente ed egli era presente al suo processo nella Gerusalemme di
Ponzio Pilato.

Questa meraviglia, portata in scena, è un romanzo nel
romanzo che prende le mosse dalla cronaca della massima disputa morale della
tradizione occidentale tra il Cristo di Bulgakov, Yesua Ha-Nozri,
cittadino della Palestina romana del primo secolo, e il procuratore.

Tutto, come in un film, si focalizza in una lenta
introspettiva sulle paure di Pilato che diventa un uomo debole, dolorante, pieno
di paure che non riesce a nascondere dietro il suo manto purpureo, dietro quel
sigillo che glielo tiene fisso al collo che staccherà e getterà nella sabbia.

Si sente soffocare ed è come se i suoi sensi di colpa,
per portare alla morte il Cristo, si fanno materiali partendo dalla forte
emicrania – dovuta al sole alto di Gerusalemme – e scendendo nelle sue membra
che sudano freddo.

Ed ha paura della folla, ed è insofferente verso Caifa – sommo sacerdote e capo del
sinedrio ebraico –  che pur non potendo
comminare la pena di morte, chiede proprio al servo dell’imperatore Tiberio di
farlo.

Lo strano 27enne Yesua, incontrato il 14 mattina del mese primaverile di Nisan, è
solo un folle filosofo che scava dentro l’anima alla ricerca della verità e per lui gli uomini sono tutti buoni.

Il dialogo tra Cristo e
Pilato si fa intenso e acceso – e la voce di Popolizio risuona forte
nella valle bitontina – con continue assenze/presenze del segretario e delle
guardie: Yesua inchioda il suo carnefice e riesce a leggere le sue debolezze.

“Che tu dica la verità oppure no, l’attesa non farà
altro che rendere più atroce la tua morte”
e “vilmente – continua, nei
pensieri questa volta, Pilato – nella verità
si pensa alla morte e il mal di testa passerà”.

La sacralità dei nostri
Giardini Pensili si riflette nei giardini pensili narrati da Bulgakov e l’aura solenne è stata donata dai canti palestinesi yiddish ed ebraici, della
voce melodiosa di Barbara Eramo e da Stefano Saletti – componenti
della Piccola Banda Ikona – alle percussioni e strumenti a corda di tradizione
greca e araba, che hanno fatto da drammaturgia musicale che ha interagito con il testo e ha favorito il passaggio ai diversi piani del racconto evocandone,
con grande impatto emotivo sugli spettatori, le atmosfere.

I sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla e,
nonostante i crimini commessi, fu la testa di Barabba ad esser salva.

Pilato così chiese, con un fil di voce: “Che farò dunque di Gesù, chiamato il
Cristo?”

Tutti gli risposero: “Sia Crocifisso”

E così, tra i pensieri che si facevano pesanti, Ponzio
Pilato si sfregò le mani, come a volersele lavare … 

Tags: bitontobulgakovpopolizio
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