E’ approdato finalmente sugli schermi italiani uno dei più importanti fenomeni al box office americano della stagione, un thriller horror come non se ne vedevano nell’ultimo periodo che sa anche far riflettere per la tematica che vuole raccontare e mettere in scena.
Al centro di tutto troviamo Chris, un ragazzo di colore, che parte per un weekend insieme alla fidanzata Rose per conoscere i genitori di lei. Inizialmente legge il bizzarro comportamento della famiglia della fidanzata nei suoi confronti come un tentativo di nascondere il loro imbarazzo verso il rapporto interrazziale della figlia, ma molto presto Chris intuisce che c’è sotto qualcosa di ben più oscuro.
A sentire la trama sembra quasi di vedere “Indovina chi viene a cena?” o “Ti presento i miei” in salsa horror. Ma più che genere horror la pellicola punta più sulla parte thriller politica che ha al centro il razzismo. Il film ne parla in maniera inquietante, non troppo forzatamente e parlando per metafore molto astute (la soluzione finale è un vero colpo di genio).
Sarebbe stato facile cadere nella trappola di parlare del razzismo in maniera molto banale e stereotipata, al contrario nel film i razzisti non sono persone di ultradestra americana, ma insospettabili borghesi di sinistra. Get Out usa tutta la materia a disposizione riguardo il razzismo per giocare ingegnosamente sugli stereotipi mostrando quanto l’idea del razzismo sia dannosa anche al giorno d’oggi indipendentemente da quella che può essere l’ideologia di una persona.
E’ un film che mescola molti generi senza apparire indigesto e che quindi consiglio ad un pubblico molto vasto, da quello generico che vuole vedersi semplicemente un thriller horror per una serata, al cinefilo che si divertirà a scoprire tutte le fonti di ispirazione del regista, dai film già citati fino alla Notte dei morti viventi di Romero.