In questi giorni la Regione
Puglia ha varato il ReD, acronimo di Reddito di Dignità, una misura che i
pone come obiettivo il contrasto alla povertà e all’esclusione sociale e il
rafforzamento di un sistema integrato di servizi e interventi che mirano a
rispondere alle domande e ai bisogni dei cittadini pugliesi in condizioni di
disagio economico e sociale.
Una misura fortemente voluta
dal governatore Michele Emiliano, secondo cui non si tratta di una forma di
assistenzialismo che consentirà ai cittadini di vivere senza lavorare, ma di
uno strumento per consentire ai beneficiari, persone con gravi difficoltà
economiche, di vivere dignitosamente in un’ottica di scambio con la comunità. Il
ReD prevede infatti la prestazione di lavori e la partecipazione a corsi di formazione.
Un contributo fino a 600 euro mensili per 20mila nuclei famigliari, in tutto
60mila pugliesi ogni anno. Il ReD integrerà l’intervento nazionale (SIA, Sistema
di Inclusione Attiva) previsto nell’ambito delle politiche nazionali
di contrasto alla povertà tra le risorse stanziate con la Legge di Stabilità
2016.
La misura è stata illustrata
ieri a Bitonto, in un incontro organizzato dai Giovani Democratici.
«È una legge fondamentale per il futuro di tanti pugliesi e testimonia
come la politica possa essere al servizio delle esigenze della comunità» è
stato il commento del segretario del Pd Biagio Vaccaro, letto in sua vece dal
giornalista Maurizio Loragno che, ricordando il primo articolo della costituzione
italiana, ha elogiato la misura perché «non
si limita a dare sostegno economico ma punta al reinserimento nel mondo del
lavoro».
«È una legge importante anche perché manca in Italia una misura di
contrasto alla povertà. Siamo l’unico paese in Europa, dopo la Grecia» è il
commento, invece, di Antonella Morga,
segretario regionale della Cgil, che ha ricordato come in Italia
esistano oltre 6 milioni di persone in condizioni di povertà assoluta, di cui
620 mila in Puglia: «Con questo
provvedimento si dà una risposta a disagi esistenti non con l’assistenzialismo,
ma con possibilità di inclusione che rendano il cittadino attivo nella ricerca
del proprio futuro. Da tempo le associazioni chiedevano misure in tal senso».
Più cauta si è mostrata Stella Laforgia, docente di Diritto del
Lavoro all’Università degli Studi di Bari, favorevole comunque alla misura perché
«nonostante per me il reddito di dignità
sia quello da lavoro, negli ultimi anni si è fortemente ridotta la capacità del
lavoro di garantire proprio quella dignità».
«Il sistema italiano è molto frammentato ed è difficile dare una
valutazione complessiva» ha ammonito la Laforgia, spiegando i punti di
forza e quelli di debolezza: «Se da una
parte si accende un faro sulla fascia di popolazione in povertà assoluta,
povertà economica che causa anche quella culturale e quindi sociale, dall’altro
lato si rischia di dimenticare i nuovi poveri, come le persone che si ritrovano
senza lavoro in età avanzata, e contemporaneamente si rischia di sostenere chi
risulta povero perché non dichiara i redditi».
«Una Puglia al collasso nei servizi sociali sarà in grado di
controllare?» si è chiesta la docente, invocando l’aiuto, da parte della
Regione, ai comuni, per evitare che il tutto diventi elargizione di contributi
a pioggia: «Serve controllo anche alla
luce degli insuccessi di altre iniziative come Garanzia Giovani, che ha solo
permesso alle imprese di avere lavoro a costo zero, sfruttando, in maniera
impropria lo strumento dei tirocini».
Consapevole delle criticità
evidenziate dalla Laforgia si è detto Marco
Lacarra, segretario regionale del Pd, che ha auspicato una competizione,
tra la norma regionale e quella nazionale, che induca a migliorare sempre più
la legge: «È un tentativo di avvicinarci
ad un sistema di welfare moderno, di quelli già presenti da anni in Nord
Europa. Stiamo affrontando una crisi importante e questo provvedimento, che sicuramente
avrà delle criticità, è sicuramente un aiuto alle fasce più povere della
popolazione, per le quali mette a disposizione 70 milioni di euro tra il 2016 e
il 2017. Si è messo in moto un meccanismo di inclusione sociale che prevede un
ruolo attivo dei diversi soggetti, a partire da centri per l’impiego rinnovati
nel proprio ruolo. Le amministrazioni non possono fare tutto da sole».
«Nessuno si illuda che abbiamo risolto il problema della povertà– ha concluso Lacarra – Ma il ReD è sicuramente uno strumento che
aiuta a tamponare una situazione di emergenza che ci sta mettendo a dura prova».