Angela De Leo è poetessa vera.
Dite: ne conosciamo tante, oggi che tutti scrivono parole incolonnate.
È vero, chi ha l’ardire di contraddirvi?
Lina, però, ausculta la verità del cuore e stilla versi che sono un referto inequivocabile di autenticità.
Ecco, è proprio questo che manca a noi, oggi, uomini del duemila quindici, che vegetiamo imbozzolati in una bolla di nulla tecnologico.
La De Leo ha donato ai suoi lettori uno scrigno di canti e nenie, sogni e ricordi, dolci malinconie e amari sorrisi: “L’ora dell’ombra e della riva”, libro pubblicato dalla Secop Edizioni di quel vulcano di idee che è suo genero Peppino Piacente.
Una raccolta di liriche che s’avventura nel mondo dei sentimenti sino al muro d’ombra che separa il tutto dal nulla e aspetta che un’onda di luce torni a baciare soavemente la rena, oro e cenere, a seconda della sorte che ci tocca.
Insomma, un cuore che offre i suoi palpiti più sinceri agli altri è rara avis di questi tempi, anche fra chi fa letteratura.
Per questo capiamo come anche critici laureati possono essere spiazzati da tale e tanta purezza, adusi come sono – come siamo – alle maschere.
Ad un mare di distanza, dall’altra sponda dell’Adriatico, se ne sono accorti e ieri hanno dedicato una serata ed un premio ad Angela De Leo. Che ha ringraziato con un tanto commosso quanto radioso sorriso, che allegramente si confondeva col colore dei fiori.
E, conoscendola, dietro quel lampo bambino in fondo ai suoi occhi sappiamo già che sta meditando (o dovremmo dire “sognando”?) nuove poesie piene di gratitudine per quel popolo vicino e dolente.
E noi bitontini quando finalmente sapremo rendere omaggio a questa autrice meravigliosa?