«Buon Dio, eccola terminata questa umile piccola Messa. È musica benedetta [sacra] quella che ho appena fatto, o è solo della benedetta musica? Ero nato per l’opera buffa, lo sai bene! Poca scienza, un poco di cuore, tutto qua. Sii dunque benedetto e concedimi il Paradiso».
Con questo messaggio, scritto in calce al suo manoscritto, Gioachino Rossini nel 1863 pregava il Signore di accogliere la sua anima dopo la morte, avvenuta solo 5 anni dopo la composizione della “Petite Messe Solennelle”.
A 150 dalla scomparsa del maestro, la sua opera sacra è stata riproposta al pubblico di San Domenico dall’associazione socio-culturale “La Macina”.
Il concerto di sabato sera ha concluso la serata di presentazione dei lavori di restauro dell’affresco presente nella Cappella dei Misteri e della nuova base processionale di S. Maria della Misericordia (leggi qui: http://bit.ly/2tZ9CU2). In bellezza. Quella della musica e dell’intensa e ottima esecuzione.
Affrontare la “Petite Messe solennelle” dal punto di vista interpretativo significa, innanzitutto, confrontarsi con i problemi determinati dall’eterogeneità e dall’ambiguità di fondo che la contraddistinguono. L’intera composizione oscilla infatti tra momenti assai contrastanti per stile, tecnica costruttiva e carattere espressivo.
Solisti e coro sono riusciti dunque nel difficile compito di rendere giustizia all’opera, composta da 14 pezzi che alternano musica da chiesa a musica profana.
Straordinaria è stata infatti la performance del soprano Luciana Distante, del mezzosoprano Ambra Vespasiani, del tenore Giuseppe Maiorano, del baritono Ettore Nova e del “Coro Lirico Città di Bitonto”.
A dirigere le loro voci e Tetyana Saphesho al pianoforte e Franco Capozzi all’harmonium è stato il maestro concertatore Massimo Testa.