Non vorrei essere dentro gli occhietti di quel bambino, devastati per sempre da un’atrocità assurda.
Costretti a vedere dilaniare quel corpo che fu la sua prima culla, a sentire farsi urlo disperato quella voce che gli cantò dolci ninna nanne, a guardare la mano di chi spacciava odio per amore infliggere con inaudita violenza la morte a colei che al piccolo diede la vita.
Perché un bimbo impara dalla madre a scandire i battiti del cuore, a respirare secondo il ritmo segreto della vita, a mettere i primi passi nel mondo.
Tre anni, appena trentasei mesi.
Un soffio.
Tanto è bastato ad un angioletto per essere trascinato con cieca malvagità in un inferno senza fine.
L’infanzia violentata e costretta a diventare altro che non sia miserabile scempio.
Non saprà mai, quello scricciolo, che si perdeva nel mare degli occhi di sua madre, che amore è libertà, non torvo carcere.
Che dentro i sorrisi della madre palpitava e riconosceva la felicità del cuore. Che tutto è meraviglia e lo spettacolo dei giorni un’avventura da assaporare mano nella mano di colei che gli aveva dato la luce. Ora tutto sarà buio. Oscurità. Tenebra.
Chissà se quelle fragili palpebre non avranno avuto un inconscio moto di autodifesa e si saranno serrate dinanzi a quello spettacolo terribile di un uomo che ammazza una donna. Di suo padre che uccideva sua madre.
Povero cucciolo, scaraventato in un abisso di solitudine, assediato dal dolore, che prima o poi presenterà un conto durissimo e amarissimo.
Ecco, non vorrei essere dentro quegli occhietti impauriti e sconvolti, ma forse tutti quanti noi avremmo dovuto esserci, per posare una lieve carezza e schermare l’incontro con la follia omicida.
No, non lasciamo soli quei tre bambini e soprattutto quel minuscolo spettatore di una tragedia troppo più grande di lui e che, spietata, potrebbe schiacciarlo…