“La mia religione è la gentilezza” (Dalai Lama)
Ci sono date che non si dimenticano, altre che vorremmo ignorare, altre, ancora, che scopriamo essere importanti per tanti ma non per noi, chiusi nel nostro mondo, che ci offre sempre tutto: dall’odio all’amicizia, dal dolore al piacere, dal dispetto al rispetto. Appartiene sicuramente al terzo gruppo la data del 13 novembre che ricorda, ad un’umanità così tanto indaffarata e distratta, un appuntamento galante: quello con la gentilezza. Nel giorno, che corrisponde alle Idi del calendario romano, infatti si celebra la Giornata della Gentilezza, voluta nel 1996 dal World Kindness Movement, a Tokyo (e non poteva essere diversamente essendo famosi i giapponesi proprio per i loro modi gentili).
Forse, il termine gentilezza non rende bene il vocabolo inglese kindness perché troppo appesantito da influenze soprattutto letterarie e sociali, ed anche un po’ obsoleto, fatto sta, però, che l’istituzione di una Giornata Mondiale della Gentilezza è l’occasione per riflettere su un atteggiamento umano, che non sempre è apprezzato, condiviso ed imitato. In tempi come i nostri nei quali assistiamo all’ ascesa (irresistibile?) dell’Homo Ineducatus o Vulgaris, che con i suoi modi spicci, arroganti e prepotenti impazza in ogni campo: da quello televisivo a quello scolastico, dall’ambiente di lavoro alla pubblica via, dagli uffici agli ospedali, in tempi come i nostri, si diceva, una riflessione sul comportamento umano può tornare utile per migliorare i rapporti e migliorarsi nei rapporti.
Non ripeteremo qui quanto detto, sostenuto, dimostrato da autorevoli esperti circa le proprietà terapeutiche, i vantaggi economici, le opportunità sociali, i benefici, insomma, che un comportamento gentile determina ma desideriamo solo ricordare che gentilezza significa essenzialmente sensibilità, quella facoltà tutta umana che dovremmo condividere ed emulare.