La signora Anna, con garbo insolito per i nostri tempi, schiude la porta ed entra in redazione. Stringe forte al petto, come si fa con i bambini o con i ricordi che non vuoi fuggano via, un libriccino e due tre opuscoletti stampati artigianalmente.
Il primo si intitola Re Cambeune de Vetonde, gli altri tre Vecchie poesie, Odisseo, sinfonia poetica incompiuta, e Maria di Nazareth, vita illustrata con struggente tenerezza della Madre di Nostro Signore.
“Me li ha donati il professor Peppino Moretti, quando era nostro paziente, con dediche e frasi scritte a penna da lui”.
Anna, infatti, è da quindici anni infermiera presso quel che resta dell’ospedale di Bitonto.
Ha saputo che Damiano Bove, l’autore di pittusie, discepolo del poeta, pittore e musicologo, s’è messo in testa di eternare la memoria del suo maestro con mostre e iniziative.
Così, anche lei vuole portare la sua discreta testimonianza.
Ricorda, dunque, quei giorni di dolore e pur di serenità dell’anima nel reparto ove lavora e che ospitò il prof come paziente, e le si incrina la voce d’emozione: “Era una persona straordinaria, eccezionale, meravigliosa. Non esiterei a definirlo un angelo. Perché sapete qual era la cosa incredibile? Che mentre lui viveva mesi di grande sofferenza, certi giorni somigliava ad un Cristo pronto a sopportare qualsiasi flagellazione, mi sosteneva perché aveva capito che stavo vivendo un momento buio della mia vita”.
Le sue parole serbano l’incanto d’un vento che viene da lontano: “Conservo ancora la preghiera che dedicò a mia figlia che non stava tanto bene, chiedeva al Cielo di custodire e dirigere la sua piccola vita. E così è stato. Porto sempre quel foglietto nel taschino del camice”.
Già, il taschino: quel sacchetto ricamato in chissà quale laboratorio tessile proprio all’altezza del cuore…