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Home » La Storia/Le peripezie della palazzina di via Ammiraglio Vacca e “l’altolà” dell’Acquedotto

La Storia/Le peripezie della palazzina di via Ammiraglio Vacca e “l’altolà” dell’Acquedotto

Fra progetti proposti e approvati, le esigenze dell'amministrazione e i problemi delle famiglie che vi abitavano

Viviana Minervini by Viviana Minervini
19 Maggio 2015
in Cronaca
La Storia/Le peripezie della palazzina di via Ammiraglio Vacca e “l’altolà” dell’Acquedotto
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I lavori di sostituzione del collettore fognario da parte dell’Acquedotto Pugliese non possono
proseguire nel tratto che va da via
Fornelli
a via Due Cappelle,
così come previsto dal progetto esecutivo.

E la “colpa” sarebbe dell’impossibilità di scavare il suolo
pubblico in prossimità del fabbricato inagibile di via Ammiraglio Vacca n.89, evacuato nel lontano settembre 2009.

La missiva, giunta dalla III Commissione Consiliare, ammonisce
il condominio, affinché “provveda in tempi stretti a
comunicare all’Ente
 adeguati riscontri tecnici a firma di tecnico abilitato di propria fiducia,
da cui risulti la definitiva messa in sicurezza statica del complesso edilizio”.

I quasi 30 condominisono stati costretti a lasciare la loro palazzina per problemi strutturali, ma
dopo sei anni la situazione non è
cambiata di una virgola: l’immobile negli anni non è stato ancora messo in sicurezza, né è
crollato.

Le 23 famiglie hanno presentato due progetti a Palazzo Gentile:
il primo (del 28 aprile 2011), dopo
l’ “ok” da parte della Enac di Napoli –
Roma
, viene bocciato poiché richiedeva la costruzione di un piano in più
(cinque piani totali) come richiesto dal Piano
Casa regionale
che concedeva bonus volumetrici.

Il 15 febbraio 2013ne arriva un secondo che prevedeva l’abbattimento della struttura e il
rifacimento di una nuova con due piani interrati destinati ad autorimessa, un
piano terra per le residenze e per il commercio e quattro piani destinati alla
residenza, per un totale di 47 box e33 unità abitative.

Quest’ultimo riceve l’approvazione in Consiglio ma gli ex
residenti lo ritengono troppo costoso.

Lo scorso 4 agosto 2014, sempre la III
Commissione aveva fatto emergere il problema del restringimento della
carreggiata di almeno 3 metri, consentendo – diversamente dal passato, quand’era
doppio senso – un unico senso di marcia di solo ingresso nel centro abitato.

«L’estensione dell’area interdetta e lo
steccato che la delimita costringono il traffico veicolare, principalmente dei mezzi
di linea e dei camion, a stringere il più possibile sul lato destro della
carreggiata e non di rado impattano i cordoni dei marciapiedi che, per effetto
di ciò, risultano danneggiati e sconnessi»,
dichiarava la lettera.

Il consigliere Francesco Mundo, presidente della Commissione, e colleghi chiedevano
altresì al sindaco«di ordinare un accertamento tecnico d’ufficio
teso a verificare se lo steccato possa essere retrocesso a soli tre metri dalla
verticale dei muri esterni di tompagno riducendo di conseguenza l’area di
occupazione del suolo pubblico e ripristinando il doppio senso di marcia».

Accertamento
che pare non sia mai giunto e a confermarlo è l’amministratore del condominio Emanuele Bulzis: «La perizia tecnica
l’abbiamo fatta a nostre spese
– principia -. Sia politicamente che
tecnicamente l’amministrazione non ha fatto nulla: quando abbiamo chiesto aiuto
per via dell’Imu, così come per l’occupazione del suolo pubblico, non ci hanno
aiutati».

Gli
inquilini, infatti, oltre ad essere gravati da tasse e mutui, hanno pagato 25
mila euro per l’occupazione del suolo pubblico.

Il
consiglio comunale ad aprile 2013 aveva “risolto” il problema Imu, riducendolo
del 50% (come seconda casa), con “il declassamento dell’immobile per civile
abitazione in area fabbricabile, al fine di ridurre il valore commerciale e
contenere future imposizioni tributarie”,
spiegò l’assessore Michele Daucelli. Una soluzione
verso cui l’allora consigliere Paolo
Intini
si mostrò in disaccordo, perché la scelta sarebbe potuta “risultare
lesiva dell’interesse economico dei proprietari”. 

«A
causa dei vincoli di zona
– spiega ancora Bulzis – non ci hanno
approvato la presentazione del progetto per la costruzione dello stabile a 5
piani, che avrebbe consentito ai condomini una permuta maggiore. Questo ha
rallentato ulteriormente le pratiche già di per sé difficili».

Infatti
i costi per le 23 famiglie nel tempo sono aumentati: «Alcuni volevano
ristrutturare lo stabile
– continua -, ora si punta all’abbattimento e
alla ricostruzione. Abbiamo dato all’ingegnere la possibilità di mutare il
progetto tenendo conto delle variazioni con delle dichiarazioni di
intenti».

E
poi si esprime sulla questione Acquedotto: «Prima che cominciassero ad
operare sapevano già del nostro problema
– dice rammaricato il signor
Bulzis – mettere in sicurezza la zona in fretta e furia non lo si può fare
con una bacchetta magica. Perché il Comune non ha mai mandato un suo tecnico a
verificare le condizioni del palazzo? Vorremmo solo che si giungesse ad una
giusta conclusione».

Tempo
fa l’ingegnere dichiarò ai nostri taccuini che «L’immobile non è a rischio di crollo imminente ma se lasciato
all’incuria e alle visite dei soliti ignoti (
che spesso hanno depredato lo stabile, ndr), si
potrebbe incorrere in questo problema».

Ora, al di là degli
eventuali crolli resta da capire solo una cosa: se non si dovesse giungere ad
una conclusione – auspicata anche dall’amministratore di condominio – ci sarà una richiesta
risarcitoria da parte della ditta appaltante?

In realtà, quello che
tutti desideriamo è il bene dell’intera collettività: ci sarà quindi un modo per
aiutare le famiglie di via Ammiraglio Vacca, senza rischiare di bloccare i
lavori dell’Acquedotto? 

Tags: aqpbitontovia ammiraglio vacca
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