Aldo Nemesio, docente universitario la cui cattedra ubica a Torino, ha recentemente rilasciato, nel 2014, all’interno del volume “Sublime ed Antisublime della Modernità”, un articolo nel quale parla della “Sospensione volontaria dell’Incredulità”. Dobbiamo questo concetto alla mente di Coleridge, il quale, nel 1817 coniò questo termine, seppure Shakespeare stesso non ne fosse all’oscuro, due secoli prima. All’interno di quest’elucubrazione il professor Nemesio ricerca una etiologia che riesca a spiegare l’empatia provata verso avvenimenti che non riguardano ciascuno di noi. Egli propone vari esempi, come quando, mentre ci troviamo in una sala di cinema, distogliamo lo sguardo dalla pellicola e ci fermiamo a contemplare il pubblico: qualcuno ride, qualcuno piange, qualcuno è impaurito. La domanda alla base di tutto questo è: com’è possibile l’avvenire di tal fenomeno se ciò che avviene non riguarda ogni singola persona che assiste allo stesso? Siamo consci, d’altronde, che, per esempio, ogni attore che interpreta il ruolo di un personaggio morto, dopo aver girato quella particolare parte ritornerà a vivere la propria quotidianità. Eppure ci emozioniamo: perché? Il docente porta una serie di esempi, portando in causa anche la letteratura narrativa, arrivando alla tesi che l’uomo attua la “Sospensione volontaria dell’Incredulità”. Ossia effettua un distacco, non alienante, da quel che è contingente e quotidiano, per vivere una diegesi totalmente fittizia, magari anche molto lontana da quel che è la realtà. Penso, invece, che quel che avviene sia sicuramente un distacco da parte del lettore dalla realtà, ma non solo: è anche l’autore di un’opera, magari anche particolarmente lontana dal quotidiano, che si serve di alcuni procedimenti, soprattutto descrittivi, per accompagnare colui che si avvicina alla sua opera, ad empatizzare con un contesto differente dal quale vive. Quel che più avvicina il lettore, il pubblico, o in generale, colui che si prostra a godere di un’opera, è la contestualizzazione generale dell’ambiente con il quale la persona deve empatizzare . L’espediente che viene spesso usato, per esempio, in ambito letterario e non, è l’utilizzo di una parte descrittiva: questa mira a stimolare l’immaginazione della persona a ricreare un mondo similare a quello descritto. In questa maniera è più semplice poter contestualizzare la diegesi imminente all’interno del contesto preso in considerazione. Sarebbe propedeutico alla comprensione di questo concetto un riferimento ad alcuni libri pregni di narrativa fantastica: poiché presentano un mondo con il quale è difficile entrare in relazione, a causa di inserimenti ideologici-sociali-culturali che differiscono dal reale, una descrizione del contesto sul quale poggiano i pilastri prima elencati, aiuta l’autore alla contestualizzazione della narrativa. Questo è il “Complesso Fittizio-Empirico”. Leggere un libro, guardare un film di narrativa particolarmente anacronistica, significa poggiare i piedi per aria.