Essendo l’unico, tra i vecchi partiti della Prima Repubblica, ad essere sopravvissuto a Tangentopoli e al terremoto politico dei primi anni ’90, il Partito Repubblicano Italiano è oggi il più antico partito esistente, se pur con una forza molto residuale nel contesto odierno e raramente presente nei contesti locali.
Nato nel 1895, le radici politiche del Pri sono da ricercare negli ideali del Risorgimento e nel repubblicanesimo di Giuseppe Mazzini, Carlo Cattaneo, Carlo Pisacane, Aurelio Saffi, in seguito, fatti propri ed elaborati da politici come Ugo La Malfa e Giovanni Spadolini. Inizialmente su posizioni di sinistra non marxista e anticlericale, nel corso degli anni ha assunto tratti laici e socio-liberali, accompagnati da posizioni europeiste, divenendo un partito laico e, in economia, liberale.
Interventista durante la Prima Guerra Mondiale, durante il ventennio fascista fu, sin dall’avvento di Mussolini al governo, un fiero oppositore del regime, tanto che, quando il 30 ottobre 1926 il fascismo soppresse tutti i partiti e le forze politiche di opposizione, per evitare l’arresto numerosi militanti e dirigenti dei Pri, come di altre forze politiche ostili, furono costretti alla fuga e all’esilio, mentre molti altri furono inviati al confino e arrestati per la loro attività antifascista. Attività che proseguirà, successivamente con la partecipazione con la partecipazione alla lotta per la liberazione dal fascismo.
Schieratosi ovviamente per la repubblica al referendum del 2 giugno ’46, all’Assemblea Costituente ebbe 23 seggi. Per tutta la storia dell’Italia repubblicana il Pri ha sempre avuto una forza molto ridotta rispetto agli altri partiti ben più grandi e probabilmente fu anche per questo che sopravvisse al ciclone che colpì la politica italiana negli anni ’90. Oggi il partito esiste ancora, ma non ha alcune influenza rilevante nel panorama politico italiano.
Anche a Bitonto, la sua presenza non fu affatto forte. Nonostante ciò, ebbe i suoi rappresentanti a Palazzo Gentile, come Nicola Ungaro, assessore nella giunta Labianca e, durante la successiva giunta Coletti, consigliere di opposizione, in disaccordo con la formazione di quella giunta.
«Con rammarico informo i cari iscritti e simpatizzanti del Pri di Bitonto di dover assumere un atteggiamento non solo di diffidenza, ma anche di grande distacco dalla nuova coalizione. Dopo aver collaborato e operato con il massimo impegno, perché Bitonto avesse un’amministrazione omogenea e fattiva alla sua guida, essermi adoperato in primis alla formazione dell’amministrazione quadripartitica (Psi, Pci, Pri e Psdi), […] personalmente non posso accettare di essere e sentirmi parte di questa coalizione, quando fattivamente e operativamente sono estraneo dalla stessa attività politica e amministrativa della città di Bitonto» scrisse lo stesso Ungaro in un comunicato pubblicato sul “da Bitonto” nell’ottobre ’87, all’indomani della formazione della giunta Coletti.
Eppure, poco più di dieci anni prima, il Partito Repubblicano di Bitonto era quasi giunto ad avere un sindaco nominato tra le sue fila, come ricorda Michele Giorgio che, all’epoca, era esponente di rilievo della Democrazia Cristiana ed era entrato a Palazzo Gentile come consigliere comunale, trovandosi a guidare le trattative per la nomina del primo cittadino, insieme al professor Modesto, segretario cittadino, all’epoca, del Pri. Si trattò di Franco De Caro, proposto nel ’76 al Partito Socialista in un accordo per la formazione di una giunta. Accordo poi saltato a causa di un successivo accordo che portò i socialisti al governo cittadino, insieme ai comunisti, e alla formazione della giunta guidata ancora una volta da Domenico Larovere.